La diagnosi di cancro che infrange il sogno di maternità, il lunghissimo calvario di cure, i pensieri suicidi, i progetti e i sogni. Il racconto di Laura Lodi, psicoterapeuta 36nne di Pescara, è così forte e intenso da far quasi ‘paura’, perché ha il coraggio di dire la verità sulla malattia.

‌Ma, oggi più che mai, c’è bisogno di squarciare il velo dell’ipocrisia e ammettere il dolore per poi condividerlo con gli altri. Così, per la nostra rubrica Cancer Confidential, diamo voce ai suoi ricordi e ai suoi pensieri per farti sentire meno sola.

La diagnosi di tumore al seno e la perdita di identità

Laura ripercorre il suo percorso oncologico con precisione e un pizzico di ironia, perché il sarcasmo è spesso una maschera che ci protegge in questi momenti. “Ho ricevuto la diagnosi l’8 giugno 2021, nella Breast Unit della mia Regione. Purtroppo, i medici hanno trovato le prime metastasi, ma non il tumore originario. Allo Ieo di Milano hanno poi individuato questo carcinoma mammario, così ho iniziato le chemio, con 4 rosse e 12 bianche. Prima di tutto, però, ho crioconservato 12 ovociti”.

‌La chemio ha avuto forti effetti collaterali, soprattutto gastrointestinali, e anche la caduta dei capelli è stata molto traumatica. A marzo, è stata a volta dell’intervento di quadrantectomia e della linfoadenectomia totale. E poi, purtroppo, di 30 sedute di radioterapia, anche queste davvero difficili. “Oggi sto facendo la terapia antiormonale, ho il linfedema e assumo anche Abemaciclib, un farmaco che rallenta la proliferazione delle cellule tumorali”.

‌“La diagnosi è arrivata in un momento in cui avevo cominciato a convivere e volevo un figlio, infatti avevo appena smesso di prendere la pillola anticoncezionale. Quindi mi è davvero crollato il mondo addosso: la mia identità è andata in crisi, non mi riconoscevo più. Ero molto arrabbiata e sentivo la forte esigenza di parlarne, ma purtroppo tutti banalizzavano quello che mi stava accadendo”.

‌Quei sentimenti hanno portato anche la creazione di un profilo Ig, la Tumorata di Dio, in cui Laura ha raccontato la sua nuova quotidianità in un’ottica tragicomica e con l’intento di legittimare il dolore delle pazienti oncologiche. “Mi sono ispirata all’espressione timorata di Dio, anche se non lo sono mai stata. Ero diventata una tumorata, come tante. Ho ricevuto parecchie critiche, mi accusavano di spettacolarizzare la malattia e mi invitavano ad andare avanti. Così, mi sono chiesta dove fosse Laura e il profilo è diventato Ex tumorata di Dio. E lo sarà sempre perché il cancro è un vestito che ti rimane sempre addosso”.

“La sensazione che il corpo mi abbia tradito è devastante. Io stavo benissimo, il fisico non mi ha dato segnali e ora non riesco più a fidarmi".

“Il tumore ha tolto i colori dalla mia vita”

Già, la malattia ti rimane dentro. Le cicatrici, fisiche e mentali, diventano parte di te. “Non esiste un aspetto positivo del cancro, non è un’opportunità, ma c’è la possibilità di imparare qualcosa. Il momento peggiore? Per me è la menopausa indotta e l’impossibilità di avere figli. Ho congelato gli ovociti ma mi aspettano 7/10 anni di terapia antiormonale, quindi finirò almeno a 43 anni… Anche la quotidianità è molto dura, con l’atrofia vaginale e il calo della libido. Mi sembra che il cancro abbia tolto i colori dalla mia vita, posso solo sopravvivere”.

‌Le angosce si affollano nel cuore e nella mente di Laura e ricominciare non è per nulla facile. “La sensazione che il corpo mi abbia tradito è devastante. Io stavo benissimo, il fisico non mi ha dato segnali e ora non riesco più a fidarmi”. E anche sul fronte delle relazioni le difficoltà non mancano perché la malattia è un evento così traumatico da minare amicizie e affetti e renderti davvero sola.

‌Laura ha quindi provato a riempire quel vuoto e le donne conosciute sui social, come Michelle Sottile, sono state molto importanti, così come le persone che le sono sempre rimaste vicine. “Quando volevo tentare il suicidio, ho riscoperto i miei fratelli che si sono davvero occupati di me, insieme alla mia migliore amica. E quanta sorellanza si crea tra i pazienti, quanta umanità…”.

‌La parola suicidio fa tremare la voce di Laura e, in fondo, di tutti noi. Ma è fondamentale parlarne, ammettere i pensieri peggiori e quei vortici di dolore che ti annientano. Dichiararli e condividerli con gli altri ci fa sentire meno soli, meno sbagliati e ci aiuta, pian piano, a uscirne. “Il cancro fa ammalare le relazioni ed è fondamentale avere qualcuno che ci capisca veramente. Qualcuno, per esempio, con cui ammettere che io odio le donne con il pancione. È una cosa terribile ma in questi momenti poterlo dire senza essere giudicata è una carezza. Si può essere arrabbiati e mostruosi, ma si tratta di una fase che passa”.

Un nuovo progetto e un grande sogno

Infatti, Laura ha deciso di specializzarsi in psiconcologia, per far nascer qualcosa di buono da un evento così traumatico. E ha anche creato il progetto ‘Rinascere sotto il segno del cancro’, ovvero dei gruppi di auto-mutuo aiuto. “L’adesione è stata altissima. Ora abbiamo due gruppi, formati da donne che hanno avuto diversi tipi di tumore. Parliamo di tutto, non solo della malattia, ma anche di temi tabù come la sessualità. Vogliamo essere uno spazio sicuro, dove trovare supporto, una risata e una spalla su cui piangere”.

‌“E ho preparato anche un questionario per i caregiver per avere dei feedback utili su questi momenti e creare un ponte tra pazienti e caregiver. A settembre spero di riaprire le iscrizioni e partire con nuovi gruppi”. Intanto, si occupa con passione di quelli attuali e regala tre consigli ai pazienti: “Non iscrivetevi ai forum, che portano solo paura. Cercate persone che vivono la stessa esperienza, magari attraverso le associazioni o i social. E non fermatevi al primo consulto: chiedete una seconda opinione, anche una terza, per trovare il medico giusto, che vi ispira fiducia”.

‌Alla fine della nostra chiacchierata, parlare di sogni ormai è un rito. All’inizio Laura ci risponde che non ne ha più, purtroppo, ma poi la speranza e le idee si fanno più forti e concrete. “Vorrei tanto creare una comunità in cui non ci sente più soli, ma sempre collegati gli uni agli altri”.