Una voce che sprizza energia, nonostante tutto. Katia Veronese si definisce “un’amante della vita e una camminatrice”. Noi aggiungiamo che è un’amica speciale di Koala Strategy che, in occasione di Ottobre Rosa, ha voluto condividere la sua storia per far sentire meno sole le altre donne come lei.

“Ho ricevuto la diagnosi nel gennaio del 2022” ricorda Katia. “Passato il primo momento di panico totale, ho cercato informazioni. Ero affamata di sapere. Così ho letto il libro di Elisa e ho iniziato a seguirvi. E poi, a un certo punto, ho sentito che era il momento giusto per raccontare la mia storia e, magari, aiutare gli altri”. Ed eccola qui, la testimonianza di Katia: ti invitiamo a leggerla e ad ascoltarla perché è piena di consigli e, soprattutto, emozioni e sentimenti che, di sicuro, stai provando anche tu…

La diagnosi di tumore al seno triplo negativo e la ricerca del percorso migliore

I 50 anni alle porte, una vita sempre di corsa tra la famiglia e un lavoro adorato come direttrice alle vendite in una multinazionale. Katia ricorda così la sé stessa prima della diagnosi: “Ero sempre attenta alla prevenzione perché nel 2001 avevo perso mia mamma proprio per un cancro ovarico e alla fine le avevo promesso che mi sarei presa cura di me stessa”. Il Covid e la pandemia, però, mettono i bastoni tra le ruote alle routine dei controlli, che si fanno più distanziati.

Quando Katia si sente dire che c’è qualcosa che non va, fatica a capire e forse, in fondo, non vuole farlo. “Pensi che queste cose non ti capiteranno mai. Non ho quasi avuto tempo di realizzare perché sono stata catapultata in un mondo che non conoscevo. Sono una a cui piace tenere tutto sotto controllo e quei primi 10 giorni ho vissuto nel panico”.

L’ospedale in cui si sottopone ai primi esami non le trasmette serenità, così Katia prova a respirare e a cercare informazioni più dettagliate. “La diagnosi parlava di un tumore al seno triplo negativo, quindi ho scelto lo Ieo di Milano, che è specializzato in questa patologia. Mi sono trovata molto bene anche per la grande attenzione alla comunicazione con il paziente e in poche ore sono passata dalla disperazione alla speranza. Ecco, credo che sia importante farsi seguire in un centro che ti trasmette fiducia e ti fa sentire seguita al meglio”.

Infatti, Katia si affida alle cure dei medic e anche allo psicologo. “All’inizio ero carica, ma sapevo che prima o poi sarei crollata e il supporto di uno specialista con cui lasciarmi andare è stato fondamentale. Altrettanto preziosa è stata l’attenzione al benessere: tra una cura e l’altra andavo dalle estetiste della struttura, anche solo per una manicure perché vedermi bella e sentirmi donna mi ha aiutata molto”.

“In ospedale portatevi sempre qualcosa che vi faccia stare bene: io avevo con me un beauty dove tenevo foto ricordo, un braccialetto e altri oggetti simbolici. E anche un boccettino di lavanda, perché il suo profumo mi rilassava durante la chemio”

“Uno dei momenti più difficili? Dire del cancro ai miei figli”

Le parole sgorgano dalla voce di Katia come un fiume in piena, così impetuoso che è impossibile fermarlo. Ma quando riflette su alcuni momenti si ferma. “Uno dei momenti più difficili? Dire del cancro ai miei cari. Mio papà, per esempio, ha 82 anni e aveva già vissuto questa esperienza con mia mamma. Non ho avuto la forza e mia sorella mi ha aiutata molto a parlarne con lui. Anche con i miei figli è stato faticoso, ho dovuto convincermi a farlo”.

“Mia figlia all’epoca aveva 14 anni e mi ha aiutata la psicologa. Le abbiamo parlato insieme, spiegandole i dettaglia della malattia e delle terapie, e abbiamo giocato sulla questione del look. Insieme sceglievamo foulard e bandane per i capelli. Ci siamo anche divertite ed è stata un’opportunità per ritrovare il dialogo. Mio figlio, invece, aveva 17 anni, ha un carattere molto quadrato e l’abbiamo trattato come un adulto. Gli abbiamo chiesto aiuto e l’abbiamo lasciato libero, convinti che avrebbe potuto gestire tutto. Ma poi è crollato. In quei momenti abbiamo chiuso un occhio perché non siamo riusciti a stare dietro a tutto, però se dovessi dare un consiglio a chi sta vivendo la stessa esperienza, direi di farsi aiutare perché la gestione della malattia da parte della famiglia può essere davvero difficile”.

Katia parla sempre al plurale perché, lo sappiamo bene, il cancro è un terremoto che travolge tutti, non solo il malato. Ed è importantissimo trovare gli alleati giusti per viverlo. “Io ho sempre condiviso tutto, per scaricarmi. Ma so che non è facile starmi accanto: una mia cara amica, per esempio, mi ha confessato che non sapeva se avrebbe trovato il coraggio per starmi vicino. Sappiate che basta un messaggio per farci capire che non siamo soli”.

“Non perdete tempo e portate con voi quello che vi fa stare bene”

I momenti bui, purtroppo, sono realtà anche oggi, ma Katia ha trovato i suoi trucchi per affrontarli e li condivide con un grande sorriso. “Quando ero in ospedale, per l’intervento e le cure, vivevo in una sorta di bolla protetta. Ho conosciuto tante pazienti, parecchie giovani, e degli splendidi volontari che mi hanno fatto sentire un po’ in famiglia. Il peggio viene dopo, a casa. Allora, ho imparato ad accogliere i pensieri negativi: li butto fuori, con un urlo, un bel pianto o con la meditazione e poi cerco di ripartire”.

“I miei consigli? Davanti alla diagnosi cercate di respirare e di non rimanere soli. Poi non perdete tempo: quando il cancro bussa bisogna agire subito, rivolgersi a professionisti autorevoli e iniziare il proprio percorso in una struttura che dà fiducia. Infine, portatevi sempre qualcosa che vi faccia stare bene: io avevo con me un beauty dove tenevo foto ricordo, un braccialetto e altri oggetti simbolici. E anche un boccettino di lavanda, perché il suo profumo mi rilassava durante la chemio”.

Katia ci mostra la sua trousse. Sopra spicca la scritta ricamata ‘Be happy’: essere felici può sembrare quasi un lusso che un paziente oncologico non può permettersi. Invece Katia cerca la sua serenità ogni giorno. “Prima della diagnosi vivevo a mille all’ora, sempre in viaggio e presa da troppe cose. Ora ho capito che bisogna apprezzare il presente, quindi mi godo le mie camminate e lo sport e preferisco una quotidianità più lenta, più slow. Accolgo e apprezzo tutto quello che arriva, senza giudicare. L’esistenza assomiglia a un treno, da cui si sale e si scende. Ci sono fermate brutte, piene di paura, ma voglio vivere tutto con pienezza”.