Un caterpillar, un martello pneumatico che non si ferma davanti a nulla. Marta Amoretti è proprio così. 46 anni, vive in provincia di Savona e sta usando tutta la sua grinta per urlare la verità sugli effetti delle cure antiormonali che sta facendo dopo il tumore al seno.
Lo fa per abbattere, pezzo dopo pezzo, il muro di pregiudizi e paure che circonda l’argomento e sostenere così le tante donne che stanno provando la stessa esperienza. Allora, eccoti il ‘Cancer Confidential’ con la sua fortissima testimonianza, tutta da leggere e ‘salvare’ per i momenti più difficili.

La diagnosi di cancro al seno e la crisi del sistema sanitario

La parola tumore aveva già fatto comparsa nella vita di Marta, visto che sua mamma era stata operata al seno per la prima volta 30 anni fa. Quindi non ha mai mancato i controlli di routine. Proprio uno di questi ha evidenziato un nodulo. “Purtroppo, nessuno si era accorto che ce n’era un altro, più problematico, all’altro seno. Per fortuna, ho potuto permettermi un secondo, un terzo  e persino un quarto consulto e alla fine mi sono affidata alle mani di una bravissima chirurga senologa. Ho subito una mastectomia bilaterale e ora sono qui. Tutti pensano che dopo l’intervento il peggio sia passato. Non è così perché le terapie hanno un impatto enorme, di cui si parla pochissimo”
“Tra l’altro, mia mamma aveva eseguito i test genetici ma secondo gli esperti, nonostante un tumore in giovane età, una recidiva ed un altro ancora, io ero a basso rischio. Insomma, ho capito che non bisogna mai perdere la fiducia nella comunità scientifica, ma è fondamentale informarsi sempre e approfondire”.
I ricordi della diagnosi, invece, sono frammentati. “Ho guidato fino al capannone dove mi aspettava il mio compagno e non so neanche come ho fatto. Ecco, ho ben presente che volevo subito operarmi e pensavo che in quel modo avrei risolto tutto, per tornare presto alla mia vita, invece la mia chirurga mi disse che il peggio sarebbe arrivato dopo. Aveva ragione”.

“In passato questo aspetto era sminuito anche dai medici e le donne si vergognavano a raccontare certi dettagli. Oggi, per fortuna, tante ragazze si espongono sui social e io stessa mi sono confrontata con loro per capirne di più e affrontare questo lungo percorso”.

Il cancro al seno e il terremoto delle terapie antiormonali

Il tumore diagnosticato a Marta è ‘ormonale’: ha le maggiori possibilità di sopravvivenza, ma prevede terapie che durano tra i 5 e i 10 anni e che sono molto invalidanti, soprattutto per le donne in premenopausa. “In passato questo aspetto era sminuito anche dai medici e le donne si vergognava a raccontare certi dettagli. Oggi, per fortuna, tante ragazze si espongono sui social e io stessa mi sono confrontata con loro per capirne di più e affrontare questo lungo percorso”.
Già, la gente pensa che dopo l’operazione sia tutto finito e fatica a capire le conseguenze su corpo e mente. In pratica, le terapie ‘deprivano’ le pazienti dagli estrogeni con conseguenze notevoli (ne abbiamo parlato qui con la Dottoressa Manuelita Mazza). “Adesso io rido e scherzo, ma fra 5 minuti arrivano le vampate, la tachicardia e gli istinti suicidi. I medici ti consigliano di rivolgerti allo psiconcologo, ma è una questione endocrinologica. Parlarne non ti restituisce gli ormoni. In pratica, le cure privano degli estrogeni, che sono i precursori, per esempio, della dopamina e della serotonina, i cosiddetti ormoni della felicità”.
Sbalzi ormonali e pensieri cupi diventano compagni fissi della quotidianità, insieme a vampate, tachicardia, insonnia, fatigue, problemi a muscoli, tendini, ossa e articolazioni con altri infiniti fastidi. E farlo accettare agli altri è un grande scoglio. “Mi vedono divertirmi o camminare in montagna, quindi pensano che sia tutto a posto e che esageri a lamentarmi, eppure fare movimento per me è fondamentale per alleviare i dolori e creare  la dopamina che i farmaci mi impediscono di sintetizzare, ma  i pensieri cupi fanno sempre capolino perché ogni tanto la cura letteralmente ti possiede”.

“Chi fa le terapie antiormonali non deve sentirsi in colpa”

La vena battagliera di Marta è inesauribile. Ha ben presente che oggi una donna su 7 si ammala di tumore al seno, che le giovani pazienti sono sempre di più e che è ora di abbattere i tabù. “Io sono privilegiata: posso permettermi visite private e cure integrate efficaci, ma non è così per tutte, quindi condivido esperienze e consigli anche sui social. E non smetterò mai di discutere e arrabbiarmi finché le persone capiranno come noi pazienti stiamo veramente!”.
La grinta e il sorriso di Marta, però, sono spesso anche una maschera che nasconde il dolore, gli amici persi e le opportunità sfumate proprio per colpa di queste terapie salvavita ma invalidanti. “Mi arrabbio, però non mollo: voglio far capire alle mie amiche ‘sane’ che hanno anche loro dei problemi, ma che per noi alle problematiche comuni se ne aggiungono tante altre. Per fortuna, non sono sola: tante donne in gamba mi confessano dei loro violenti sbalzi d’umore e della paura che il cervello ti boicotti e ti faccia fare follie che non vorresti davvero fare. Parecchie pazienti sono costrette a sospendere le cure e moltissime vengono lasciate dal partner. Anche per me non è stato facile con il mio compagno”.
Il sorriso e la parlantina non abbandonano questa donna, che si è data lo scopo di supportare le pazienti come lei, a cui regala tre consigli. “Il primo è non sentirsi in colpa: non prendetevela con voi stesse e non paragonatevi con chi ha la fortuna di essere sana. Non arrabbiatevi troppo con le altre perché capire la nostra condizione è difficile. Infine, fate sport: il movimento aiuta davvero a gestire i disturbi e rimette in circolo dopamina e ossitocina, oltre a ridurre lo stato infiammatorio e la tossicitá causati dalla terapia”.
Intanto, tra una camminata, una sessione di fisioterapia per combattere linfedema e osteoporosi indotta dai farmaci, infiniti controlli di routine e un post divulgativo sui social, Marta non smette di sognare. “Il mio desiderio più grande? Continuare a vivere, ritornare a stare bene e sperare che nessuno debba provare questo terremoto”.