5 Minuti22 Ottobre 2023

Ottobre Rosa: le novità sulle cure per il tumore al seno


Facciamo il punto con il ricercatore di Fondazione Airc Emanuele Bria

Fiocchetti rosa che colorano i negozi e non solo. Tante iniziative in programma, dagli esami gratuiti alle raccolte fondi fino agli appuntamenti per sensibilizzare le persone sul tumore al seno. Ottobre Rosa è tutto questo e molto altro. Se sei in cura per questa patologia, infatti, vuoi anche essere informata, capire e saperne sempre di più.

Per questo, qui facciamo il punto con un grande professionista: il professor Emanuele Bria, ricercatore di Fondazione Airc, che ci regala tre spunti davvero importanti. Il percorso di cura può essere meno invasivo possibile, è fondamentale farsi seguire da un team multidisciplinare che comprenda anche psiconcologi, esperti di medicina integrata e nutrizionisti. E, infine, bisogna affidarsi e sostenere la ricerca per nuove terapie contro i tumori più ostici e resistenti, come il metastatico.

““Alle pazienti dico anche di avere fiducia in noi e nelle cosiddette cure sperimentali. Ogni donna vuole il meglio per sé e preferisce protocolli già certi e rodati, ma i risultati migliori arrivano proprio grazie alle sperimentazioni. Non abbiate paura e affidatevi ai grandi istituti italiani che fanno ricerca”.

 

Cure e interventi meno strong, a partire dal linfonodo sentinella

Ogni anno sono circa 55.000 le italiane che ricevono una diagnosi di tumore al seno. Secondo gli ultimi numeri, l’età media delle pazienti si sta abbassando. Il dato positivo, invece, è che in Italia la percentuale di sopravvivenza dopo 5 anni è in media dell’88% mentre, per fare un esempio, negli Stati Uniti si ferma all’84%.

“Sono numeri positivi, frutto della prevenzione e dei progressi della ricerca” commenta Emanuela Bria, professore di Oncologia medica all’Università Cattolica del Sacro Cuore e al Policlinico Gemelli di Roma. “Infatti, oggi possiamo pensare anche alla qualità di vita delle pazienti. Tecnicamente si parla di descalation, ovvero puntare su interventi e terapie meno invasive possibili che permettono di avere lo stesso risultato”.

È quello che ha sottolineato anche il nuovissimo studio coordinato dall’Istituto europeo di oncologia: le pazienti che hanno un tumore di piccole dimensioni e non mostrano masse sospette durante l’ecografia, possono evitare la biopsia del linfonodo sentinella. “Esatto, oggi si tende a fare anche più interventi conservativi, meno demolitivi. Lo stesso vale anche per le cure: la chemio resta sempre una valida alleata ma si cercano sempre terapie più breve e meno forti, come i farmaci a bersaglio molecolare che vanno a uccidere solo le cellule malate. La qualità di vita, quindi, è in primo piano e lo scopo è garantire una quotidianità sempre migliore”.

Rivolgetevi a medici che lavorano in team

L’altra parola d’ordine per la cura del tumore al seno è multidisciplinarietà. “Le strutture migliori sono quelle che prevedono più figure che lavorano in squadra” precisa il professor Bria. “Ci vogliono il chirurgo e l’oncologo, ovviamente, ma anche la psiconcologo, l’esperto di nutrizione e quello in medicina integrata che sappia consigliare, per esempio, alcune cure utili per gli effetti collaterali delle terapie, come l’agopuntura o lo yoga”. Il percorso di guarigione, quindi, non si esaurisce con operazioni, radioterapie e altro, ma deve prevedere tanti piccoli ma importantissimi strumenti che ti aiutino a stare bene, come l’assistenza psicologica, l’alimentazione giusta, il movimento e tutte quelle discipline che ti fanno stare bene.

Non abbiate paura delle cure sperimentali

Le notizie positive, quindi, non mancano. Ma gli addetti ai lavori mantengono l’attenzione altissima su tutte quelle donne che hanno tumori resistenti alle terapie e hanno quindi un percorso di cura molto accidentato e aspettative di vita più basse. “L’esempio più classico sono le pazienti con un tumore al seno metastatico” spiega il professor Bria. “Con Fondazione Airc sto seguendo proprio un progetto di ricerca sui meccanismi di resistenza, ovvero su quei meccanismi che rendono la malattia resistente alle cure. Una volta capiti, sarà possibile pensare a delle terapie davvero efficaci”.

Ecco perché il sostegno alla ricerca non deve mai mancare: le donazioni sono quindi fondamentali perché, lo ripetiamo ancora una volta, la scienza è vita. “Alle pazienti dico anche di avere fiducia in noi e nelle cosiddette cure sperimentali” conclude il prof. Bria. “Ogni donna vuole il meglio per sé e preferisce protocolli già certi e rodati, ma i risultati migliori arrivano proprio grazie alle sperimentazioni. Non abbiate paura e affidatevi ai grandi istituti italiani che fanno ricerca”.