Tumore al seno, le guarigioni aumentano grazie a ricerca e prevenzione
Facciamo il punto con il ricercatore di Fondazione Airc, il professor Emanuele Bria che ci parla dell’efficacie di interventi e terapie meno invasive. A chi riceve una diagnosi di cancro al seno, suggerisce di rivolgersi alle strutture che prevedono team multidisciplinari. E dà speranza a chi ha un tumore al seno metastatico, grazie all’impegno della ricerca che non si ferma davanti a nessuna sfida.
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Ogni anno ad ottobre si accendono i riflettori sulla prevenzione del carcinoma mammario. Tante le iniziative in programma per Ottobre Rosa, dagli esami gratuiti alle raccolte fondi fino agli appuntamenti per sensibilizzare le persone sul tumore al seno. Se sei in cura per questa patologia, infatti, vuoi anche essere informata, capire e saperne sempre di più.
Per questo, facciamo il punto con un grande professionista: il professor Emanuele Bria, ricercatore di Fondazione Airc, che ci offre tre spunti importanti. Il percorso di cura può essere meno invasivo possibile, è fondamentale farsi seguire da un team multidisciplinare che comprenda anche psiconcologi, esperti di medicina integrata e nutrizionisti. E, infine, bisogna affidarsi e sostenere la ricerca per nuove terapie contro i tumori più ostici e resistenti, come il metastatico.
“Ogni donna vuole il meglio per sé e preferisce protocolli già certi e rodati, ma i risultati migliori arrivano proprio grazie alle sperimentazioni. Non abbiate paura e affidatevi ai grandi istituti italiani che fanno ricerca”
Cure e interventi meno invasivi contro il tumore al seno
Ogni anno sono circa 55.000 le italiane che ricevono una diagnosi di tumore al seno. Secondo gli ultimi dati, l’età media delle pazienti si sta abbassando. Il dato positivo, invece, è che in Italia la percentuale di sopravvivenza dopo 5 anni è in media dell’88% mentre, per fare un esempio, negli Stati Uniti si ferma all’84%.
“Sono numeri positivi, frutto della prevenzione e dei progressi della ricerca” commenta Emanuele Bria, professore di Oncologia medica all’Università Cattolica del Sacro Cuore e al Policlinico Gemelli di Roma. “Infatti, oggi possiamo pensare anche alla qualità di vita delle pazienti. Tecnicamente si parla di descalation, ovvero puntare su interventi e terapie meno invasive possibili che permettono di avere lo stesso risultato”.
È quello che ha sottolineato anche un nuovo studio coordinato dall’Istituto europeo di oncologia: le pazienti che hanno un tumore di piccole dimensioni e non mostrano masse sospette durante l’ecografia, possono evitare la biopsia del linfonodo sentinella. “Esatto, oggi si tende a fare più interventi conservativi, meno demolitivi. Lo stesso vale per le cure: la chemio resta sempre una valida alleata, ma si cercano terapie più brevi e precise, come i farmaci a bersaglio molecolare che vanno a uccidere solo le cellule malate. Si pone sempre più attenzione alla qualità della di vita delle pazienti oncologiche, per garantire loro una quotidianità migliore anche nel percorso di guarigione del tumore”.
I vantaggi delle strutture con team multidisciplinari
Multidisciplinarità è la nuova parola d’ordine per la cura del tumore al seno. “Le strutture oncologiche migliori sono quelle che prevedono più figure che lavorano in squadra” precisa il professor Bria. “Ci vogliono il chirurgo e l’oncologo, ovviamente, ma servono anche le figure professionali dello psiconcologo, del nutrizionista e anche dell’esperto di medicina integrata perché può consigliare alcune strade utili per contrastare gli effetti collaterali delle terapie, come l’agopuntura, lo yoga o il Pilates ”.
Le tappe della cura, quindi, non si esauriscono con operazioni e terapie oncologiche. Bensì prevedono l’impiego di tanti altri strumenti importanti, come l’assistenza psicologica, l’alimentazione giusta, il movimento e tutte quelle discipline che ti sostengono nella ripresa e ti aiutano nel percorso di guarigione dal tumore al seno.
Affidarsi alle cure sperimentali
Gli addetti ai lavori mantengono alta l’attenzione su tutte quelle donne che, con tumori resistenti alle terapie, hanno un percorso di cura molto accidentato e aspettative di vita più basse. “L’esempio più classico sono le pazienti con un tumore al seno metastatico” spiega il professor Bria. “Con Fondazione Airc sto seguendo proprio un progetto di ricerca sui meccanismi di resistenza, ovvero che rendono la malattia resistente alle cure. Una volta capiti, sarà possibile lavorare su nuove terapie mirate e davvero efficaci”.
Ecco perché il sostegno alla ricerca non deve mai mancare: le donazioni sono fondamentali perché la scienza è vita. “Alle pazienti dico anche di avere fiducia in noi e nelle cosiddette cure sperimentali” conclude il professor Bria. “Ogni donna vuole il meglio e preferisce protocolli già rodati. Però i risultati migliori si ottengono proprio grazie alle sperimentazioni”.
Ecco perché anche noi di Koala Strategy ci uniamo al suo invito ad affidarsi sempre ai grandi Istituti italiani che fanno ricerca.