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Sono migliaia, eppure sembra che non esistano. Parliamo delle donne che hanno avuto un tumore, spesso al seno, e seguono la terapia ormonale, ovvero prendono per anni quei farmaci che bloccano l’azione degli ormoni femminili, portando di fatto in menopausa.
Si tratta di una cura preziosissima, ‘salvavita’, ma che implica tantissimi effetti collaterali fastidiosi, che magari non sono impattanti e traumatici come quelli causati dalla chemio, per esempio, ma si fanno davvero sentire. Come tante di voi ci raccontano sui social e qui sul sito.
Così, abbiamo chiesto aiuto a una delle professioniste più preparate, la Dottoressa Manuelita Mazza, medico con incarico di Alta Specializzazione della Divisione di Senologia Medica allo Ieo di Milano. “Parlarne è fondamentale” spiega. “Bisogna riconoscere i sintomi e non sottovalutarli, anche quelli che riguardano la sfera sessuale e che le pazienti spesso preferiscono ignorare, quasi per vergogna”.
Dottoressa Mazza, iniziamo da uno degli effetti più riscontrati: i dolori articolari. Come possiamo alleviarli?
“Il movimento è l’alleato numero uno, non mi stancherò mai di ripeterlo. Passeggiate, nuoto, pilates, palestra: tutto migliora la salute delle ossa e dei muscoli e previene l’aumento di peso portato dalla menopausa. L’attività fisica, poi, fa benissimo anche all’umore, come dicono diversi studi importanti. A volte sono utili anche gli integratori, come il magnesio o la curcuma, ma bisogna discuterne con l’oncologo perché alcuni principi possono interferire con le terapie”.
Invece, che cosa si può fare con la cosiddetta astenia, quella pesante stanchezza che non passa neanche con il sonno?
“Anche in questo caso, ci aiutano attività fisiche a basso impatto, come camminare. La stanchezza fisica si accompagna al foggy brain, (che molto spesso viene definito chemo brain ma che non riguarda solo chi ha ricevuto una chemio): un senso di stordimento, la fatica a concentrarsi e a ‘stare sul pezzo’. Qui la regola numero uno è non pretendere troppo da se stesse, fare solo una cosa alla volta e concedersi sani momenti di relax, magari facendo meditazione o mindfulness. Infine, per alcuni periodi si può modulare la terapia ormonale e prevedere una breve sospensione, ovviamente discutendone con l’oncologo”.
Veniamo a una sfera molto importante, la sessualità: tante pazienti ci confessano di provare forte dolore nei rapporti, calo del desiderio e secchezza vaginale. Che cosa consigliamo?
“E’ la cosiddetta sindrome genito-urinaria, che causa questi sintomi, cistiti e dolori impattanti che peggiorano nel tempo. Quindi, è fondamentale superare ogni tabù e rivolgersi subito all’oncologo e al ginecologo. In pratica, bisogna usare ogni giorno prodotti per l’igiene intima a base oleosa e prodotti locali sia idratanti che lubrificanti, per esempio a base di vitamina E e acido ialuronico. Esistono moltissime altre opzioni come ad esempio delle tecniche laser e se non bastasse, funzionano i trattamenti ormonali locali. Oggi abbiamo molti più dati di sicurezza e possiamo personalizzare il trattamento parlandone con lo specialista ginecologo. Io suggerisco spesso anche alle mie pazienti di iniziare un percorso con un sessuologo per trovare una dimensione diversa della sessualità, più giocosa e attenta alle emozioni”.
Infine, parliamo della salute mentale. Tante donne ci hanno raccontato di soffrire di sbalzi d’umore molto importanti e di depressione.
“Le capisco in pieno: il tumore si accompagna spesso a un disturbo traumatico e la menopausa, con gli sbalzi ormonali, l’insonnia e le vampate peggiora molto la situazione. Quindi, la salute mentale non va mai trascurata. Parlatene con l’oncologo, iniziate un percorso psicologico; alle volte un aiuto farmacologico per un breve periodo (se consigliato dallo specialista) potrebbe giovare all’umore e migliorare alcuni effetti collaterali della menopausa da farmaco”.
Melanoma: tutto quello che devi sapere sul vaccino
All’Istituto dei Tumori di Napoli è partita la somministrazione sui primi pazienti. Qui ti spieghiamo come funziona il vaccino anticancro
Alfredo ha 71 anni, viene dal Molise e ha lavorato come medico per una vita. E ora è il primo paziente italiano a cui è stato somministrato il vaccino per la cura del melanoma, all’Istituto dei tumori Pascale di Napoli. La prima donna, invece, si chiama Michela, ha 45 anni e origini trentine.
La storia di questi due pazienti ha fatto il giro d’Italia, tra giornali e tg, e scommettiamo che anche tu ne hai sentito parlare. E se hai un melanoma, ti starai facendo moltissime domande: come funziona questo vaccino? Quando sarà disponibile? In questo articolo, cerchiamo di risponderti e di fare chiarezza.
È un vaccino che cura il melanoma (non lo previene)
Il primo dettaglio da sottolineare è che si tratta di un vaccino terapeutico, ovvero che cura chi ha già una diagnosi di melanoma. Non si tratta, quindi, di una profilassi da fare come prevenzione. Il vaccino è stato ideato dall’azienda farmaceutica americana Moderna e nelle prime due fasi sperimentali ha dimostrato una notevole efficacia.
Il secondo dettaglio è che si tratta di un vaccino a mRNA. Forse hai già sentito queste parole: durante la pandemia causata dal Covid se ne è parlato a lungo perché diversi vaccini usati proprio contro il virus erano a mRNA. Che cosa significa? “Per dirla in termini semplici, l’mRna è quella molecola preziosissima perché porta alle nostre cellule le ‘istruzioni’ per riprodursi” spiega il professor Paolo Ascierto, direttore dell’Unità di Melanoma, immunoterapia oncologica e terapie innovative dell’Istituto nazionale dei Tumori Pascale di Napoli.
"Per il vaccino, si crea in laboratorio dell’mRNA sintetico, che dà al sistema immunitario le istruzioni per riconoscere le cellule malate e attaccarle. Se vogliamo essere precisi, possiamo dire che l’mRNA viene progettato per 'istruire' il sistema immunitario a riconoscere specifiche proteine, chiamati 'neoantigeni', che esprimono quelle mutazioni genetiche avvenute nelle cellule malate".
“Per il vaccino, si crea in laboratorio dell’mRNA sintetico, che dà al sistema immunitario le istruzioni per riconoscere le cellule malate e attaccarle” prosegue il Prof. Ascierto. “Se vogliamo essere precisi, possiamo dire che l’mRNA viene progettato per ‘istruire’ il sistema immunitario a riconoscere specifiche proteine, chiamati ‘neoantigeni’, che esprimono quelle mutazioni genetiche avvenute nelle cellule malate”.
Per averlo ci vorrà tempo
La notizia dei primi pazienti che stanno testando il vaccino ha creato molto entusiasmo tra i malati. Ma dall’Istituto dei Tumori napoletano invitano alla calma. “Ci vorrà qualche anno prima di avere i risultati definitivi” spiega il Prof. Ascierto. “La nostra speranza è quella di poter dare una nuova e più efficace opzione terapeutica a quanti più pazienti possibili”. Quello che è sicuro è che la sperimentazione proseguirà senza sosta e che il vaccino può essere fondamentale soprattutto per le persone che hanno una diagnosi di melanoma in fase metastatica. E, sempre sul fronte degli studi, i ricercatori italiano stanno anche valutando con grande attenzione i risultati di una cura che combina il vaccino a mRNa all’immunoterapia per i pazienti che sono già stati operati per il melanoma.
Se vuoi saperne di più, continua a seguire il nostro sito dove ti terremo aggiornata su questa importante sperimentazione.
Un nuovo farmaco per il tumore al seno metastatico
Si tratta di una terapia efficace anche per le pazienti con un tumore che ha una bassa espressione della proteina Her2
Hai un tumore al seno metastatico? Per te c’è una bella novità sul fronte delle cure. Infatti, è disponibile un nuovo farmaco che si è dimostrato molto efficace e che può rappresentare una svolta per molte pazienti come te. In questo articolo ti spieghiamo tutti i dettagli.
È un mix tra due molecole
Il farmaco che sta attirando l’attenzione, sui social e non solo, si chiama trastuzumab-deruxtecan. In pratica si tratta della combinazione tra un anticorpo monoclonale e un’altra molecola. Questo nome potrebbe risultarti famigliare perché si è già parlato di questa terapia, dopo che studi e ricerche avevano dimostrato la sua azione.
Ora l’Agenzia italiano del farmaco ha approvato la rimborsabilità della terapia. Questo significa che il farmaco sarà realtà negli ospedali italiani. Ma di che cosa si tratta e come agisce? Gli esperti lo definiscono un ‘anticorpo farmaco-coniugato’, ovvero l’unione di un anticorpo monoclonale con un chemioterapico. Il dettaglio più importante è che questa cura è efficace contro i tumori metastatici ‘ a bassa espressione della proteina Her2’ ed è la prima ad aver dato questi risultati.
"La terapia è davvero innovativa perché ci permette di curare persone che prima erano escluse da questi protocolli. Nello studio, che ha coinvolto 557 pazienti, trastuzumab deruxtecan ha ridotto del 50% il rischio di progressione della malattia rispetto alla chemio e ha aumentato la sopravvivenza globale".
Infatti, finora per queste pazienti era previsto solo il percorso con la chemio perché i farmaci combinati risultavano utili per i tumori ‘Her 2 positivi’. La novità, quindi, offre un’ottima alternativa per queste donne, anche perché i dati sono molto incoraggianti.
“La terapia è davvero innovativa perché ci permette di curare persone che prima erano escluse da questi protocolli” spiega Giampaolo Bianchini, responsabile del Gruppo mammella dell’Ospedale San Raffaele di Milano. “Nello studio, che ha coinvolto 557 pazienti, trastuzumab deruxtecan ha ridotto del 50% il rischio di progressione della malattia rispetto alla chemio e ha aumentato la sopravvivenza globale”.
Oggi, in Italia, oltre 52.000 donne convivono con un cancro al seno metastatico. Se anche tu stai vivendo questa esperienza, parla di questo farmaco con il tuo oncologo per saperne di più e capire se è adatto a te.