BRA Day: la ricostruzione seno dopo la mastectomia
La ricostruzione del seno dopo la mastectomia è una realtà coperta dal SSN. Si può fare contestualmente alla rimozione del tumore oppure in un secondo tempo. Le opzioni a disposizione sono diverse. La chirurgia ricostruttiva del seno può avvalersi delle protesi mammarie oppure optare per la ricostruzione mammaria autologa, tecnica che utilizza lembi di tessuto della stessa paziente, trasferendoli da altre zone del corpo al seno. Un’esperta ci spiega tutto su tempi e metodi di ricostruzione del seno la mastectomia.
La ricostruzione fa parte del percorso di cura. Ecco sintetizzata la filosofia del BRA Day, la giornata istituita nel terzo giovedì di ottobre, per sottolineare ogni anno l’importanza della ricostruzione del seno nelle donne operate per un tumore.
Ne abbiamo parlato con la professoressa Marzia Salgarello, chirurgo plastico ricostruttivo presso la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRRCS a Roma, e Presidente della Onlus Beautiful After Breast Cancer Italia.
Ricostruzione del seno: con e senza protesi
Ogni anno, su 55.000 donne che ricevono la diagnosi di cancro al seno, circa 13.000 si sottopongono alla mastectomia. Negli altri casi è possibile, invece, ricorrere alla chirurgia conservativa. Come ci si comporta quindi per la ricostruzione mammaria? Se la massa maligna è piccola, può essere sufficiente un intervento modellante, come può essere il lipofilling al seno. Altrimenti, per le pazienti sottoposte all’intervento chirurgico di asportazione parziale o totale della mammella a causa di una neoplasia maligna, esistono diversi metodi di ricostruzione del seno. Diciamo che si possono distinguere due grandi gruppi di tecniche:
- 1. la ricostruzione mammaria con utilizzo di protesi,
- 2. la ricostruzione del seno con l’esclusivo utilizzo di tessuti della paziente prelevati da zone del corpo diverse da quella mammaria.
“Nel caso dell’utilizzo delle protesi seno dopo un tumore, va detto che da una decina di anni il metodo di ricostruzione ha fatto passi avanti”, spiega la Professoressa Salgarello. “Prima, infatti, si inseriva sempre la protesi dietro il muscolo che, quindi, andava sollevato, rendendo la procedura più fastidiosa. Con il passare del tempo, questa tecnica poteva anche comportare problemi che obbligavano a dei ritocchi. Da una decina di anni circa, invece, si opta per la posizione prepettorale ovvero il posizionamento della protesi davanti al muscolo gran pettorale al posto della ghiandola malata rimossa. In questo modo l’intervento diventa meno doloroso e dal punto di vista estetico il risultato è più naturale”.
Oltre le protesi c'è la ricostruzione autologa
Oggi le protesi utilizzate per la ricostruzione del seno sono costituite da un involucro di silicone o di poliuretano che contiene gel di silicone o sostanze come idrogel o soluzione fisiologica. Le protesi più usate sono quelle che contengono gel di silicone e di cui si conoscono meglio i risultati clinici a distanza, sia in termini di effetto estetico sia in relazione a possibili complicanze o effetti indesiderati.
“La durata della protesi varia in base a molteplici fattori, perché dipende dalla qualità delle protesi scelte per la ricostruzione del seno dopo il tumore, dalle tecniche chirurgiche, dalle caratteristiche del tessuto delle pazienti e molto altro ancora. Non si può stabilire, quindi, a priori la durata di una protesi. Certo, è che non si tratta di dispositivi perenni. In linea di massima, si sostituiscono dopo 20 anni” precisa l’esperta. “Bisogna considerare, poi, che in alcuni casi, la ricostruzione del seno, dopo una mastectomia, con le protesi può non essere la scelta migliore. Per esempio, se è necessario fare la radioterapia, i tessuti intorno rischiano di indurirsi e incidono sulla protesi provocando disturbi fastidiosi”.
Prima di decidere di rifare il seno dopo il tumore con le protesi, è importante sapere che esiste l’alternativa della ricostruzione autologa. Per chi vuole comunque una ricostruzione mammaria dopo la mastectomia, ma senza le protesi, è possibile infatti usare i tessuti della paziente, che vengono prelevati da altre zone del corpo, come l’addome, la schiena, le cosce. “Questa ricostruzione del seno senza protesi è come un autotrapianto, in cui si prendono i tessuti con i vasi sanguigni della zona e si modellano dando loro la forma del seno” spiega la professoressa. “Il risultato? A livello estetico è molto positivo”.
La ricostruzione del seno senza protesi ha il vantaggio di regalare un seno dall’aspetto naturale, caldo e morbido al tatto, che può essere sottoposto a radioterapia ed è indicato per chi ha tessuto abbondante su pancia e fianchi. Ma bisogna considerare anche l’altra faccia della questione. Perché si tratta comunque di un intervento impegnativo, della durata di diverse ore, con cicatrici aggiuntive dovute al prelievo di tessuto, con una maggiore complessità tecnica e un periodo di degenza più lungo.
Ecco perché è fondamentale che ogni paziente con la diagnosi di tumore al seno possa ricevere le informazioni complete su tutte le possibilità di ricostruzione del seno. Si calcola che circa il 50% delle donne con una diagnosi di carcinoma mammario decida di rifarsi il seno dopo il tumore. L’importante è che tutte, sia chi accetta di rifarsi il seno e chi opta per la mastectomia senza ricostruzione, possano conoscere in maniera approfondita che cosa comporta ogni scelta, modalità, vantaggi e svantaggi, ripercussioni a lunga scadenza.
“L’ideale sarebbe fare la ricostruzione del seno in concomitanza con la mastectomia o quadrantectomia per la rimozione del tumore. In pratica, prima si asporta la massa maligna poi arriva il chirurgo plastico che si dedica alla ricostruzione mammaria”
Professoressa Marzia Salgarello
Rimozione tumore e ricostruzione mammaria insieme
Fino a qualche anno fa, la ricostruzione del seno dopo la mastectomia era un percorso a tappe obbligate. Prima si inseriva un espansore, ovvero la protesi temporanea da sostituire con quella definitiva durante un nuovo intervento eseguito successivamente. Oggi, invece, quando possibile si tende a fare la ricostruzione mammaria contestualmente con la rimozione del tumore al seno. Questa procedura semplifica il processo di guarigione, evita lunghe liste d’attesa tra un intervento e l’altro, e parecchie difficoltà anche di tipo psicologico.
“La paziente si sentiva incompleta e l’andirivieni dalla sala operatoria amplificava paure e dubbi” spiega l’esperta. “Invece, unendo in due interventi, prima si asporta la massa maligna poi subentra il chirurgo plastico che si dedica alla ricostruzione. Si può procedere così nella maggior parte dei casi, ma non è possibile se, per esempio, il cancro è molto grosso e aggressivo. In quel caso, infatti, bisogna aspettare il decorso della malattia”.
I tariffari nazionali vecchi e da adeguare
“L’intervento in contemporanea avviene in media nella metà dei casi di ricostruzione del seno. Ci sono ospedali e strutture importanti, dove si fa nel 90% dei casi, altri dove è una rarità. Ecco che allora la media si abbassa al 50%” dice la professoressa Salgarello. “Quindi il mio consiglio è di farsi seguire in una Breast Unit, ovvero le unità dove lavorano tutte le figure specializzate nel trattamento di questa neoplasia”.
A complicare il quadro, si aggiunge anche il problema del mancato adeguamento dei codici del DRG. Questi sono i tariffari che adottano le Regioni per rimborsare gli ospedali. Senza un codice relativo all’intervento di mastectomia e contestuale ricostruzione del seno, non si può garantire la copertura dei reali costi sostenuti per effettuare un intervento attuato nelle moderne Breast Unit e raccomandato dall’Aiom.
“Quindi pochissime ricostruzioni vengono rimborsate dal sistema sanitario” conclude l’esperta. “Ogni ospedale fa quello che può a seconda del budget a disposizione. Perché per avere il rimborso completo deve effettuare prima un intervento di rimozione del tumore e, quindi, programmare la ricostruzione del seno con un intervento successivo”.
Ecco perché l’associazione Beautiful after breast cancer si dedica attivamente alla campagna di sensibilizzazione per chiedere una soluzione alle istituzioni e alla politica. Siamo appena state in Senato e organizzeremo tanti altri appuntamenti”.
Bisogna rivedere il sistema tariffario, i DRG, colmare le lacune e dare gli stessi diritti alle donne italiane. Oggi, infatti, le Regioni hanno budget diversi, perché manca un aggiornamento dei Lea (Livelli essenziali di assistenza) di riferimento nazionale che possono garantire a tutte le donne con tumore al seno il diritto alle cure migliori. Per esempio, in gran parte delle Regioni italiane manca ancora il budget dedicato alla ‘chirurgia profilattica con ricostruzione del seno immediata, essenziale per esempio per chi è portatrice di mutazioni Brca, che hanno un elevato rischio di tumore mammario.