6 Minuti18 Ottobre 2022

BRA Day, l’importanza della ricostruzione dopo la mastectomia


Un’esperta ci spiega tutto su protesi e tempistiche dopo un tumore al seno

La ricostruzione fa parte del percorso di cura. Ecco la frase-mantra che racchiude la filosofia del BRA Day, la giornata che si tiene ogni anno, il terzo giovedì di ottobre, per sottolineare l’importanza della ricostruzione per le donne operate per un tumore al seno.

Così, per accendere i riflettori sull’argomento, facciamo il punto con Marzia Salgarello, Professore Associato di Chirurgia Plastica nel Reparto di Chirurgia plastica della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli, a Roma, e Presidente della onlus Beautiful After Breast Cancer.

La ricostruzione con le protesi
Ogni anno, su 55.000 donne che ricevono la diagnosi di cancro al seno, circa 13.000 subiscono una mastectomia. Per le altre basta la chirurgia conservativa. Se la massa maligna è piccola, serve un intervento modellante, che sistema la forma e non è invasivo.

Altrimenti, ci vogliono la mastoplastica e la ricostruzione, possibilmente immediata, che si esegue in due modi. “Il primo metodo è quello con le classiche protesi” spiega la Professoressa Salgarello. “Prima si inseriva la protesi dietro il muscolo che, quindi, va alzato e questo rende la procedura più fastidiosa e problematica con il passare del tempo, visto che è molto frequente dover fare dei ritocchi. Da 7-8 anni, invece, si posiziona la protesi davanti al muscolo, proprio dove è stata tolta la ghiandola malata, così è meno doloroso e anche il risultato è più naturale”.

La ricostruzione con i tessuti
Le protesi, però, hanno due controindicazioni. “Prima di tutto non sono eterne, quindi entro un tempo variabile, al massimo dopo 20 anni, vanno sostituite” precisa l’esperta. “Poi, se la paziente deve fare la radioterapia, i tessuti intorno rischiano di indurirsi e anche la protesi subisce un cambiamento e questo può causare fastidio e disturbi”.

Ecco perché è importante sapere che esiste un altro metodo, quello che usa i tessuti della paziente, come le parti di pelle e di grasso che vengono presi dall’addome o dalle cosce. “E’ come se fosse un autotrapianto, in cui si prendono anche i vasi sanguigni della zona, poi si modellano i tessuti dando loro la forma del seno. Il risultato? A livello estetico è molto positivo. Come ripresa, servono 20-30 giorni alla donna per tornare alla sua quotidianità, mentre con la protesi possono bastarne 15”.

L'ideale sarebbe fare la ricostruzione in contemporanea alla rimozione del tumore. In pratica, prima si asporta la massa maligna poi arriva il chirurgo plastico che si dedica alla ricostruzione"

La ricostruzione va fatta insieme alla rimozione del tumore
Ma il fattore più importante è il tempo. Fino a qualche anno fa, la ricostruzione diventava un percorso a tappe e spesso si metteva il cosiddetto espansore, ovvero una protesi temporanea che veniva sostituita da quella definitiva dopo qualche mese. Però questo complicava il processo di guarigione della donna, con lunghe liste d’attesa tra un intervento e l’altro, e parecchie difficoltà psicologiche.

“La paziente si sentiva incompleta e questo andirivieni dalla sala operatoria amplificava paure e dubbi” spiega l’esperta. “L’ideale sarebbe fare la ricostruzione in contemporanea alla rimozione del tumore. In pratica, prima si asporta la massa maligna poi arriva il chirurgo plastico che si dedica alla ricostruzione. Si può procedere così nella maggior parte dei casi, mentre non è possibile se il cancro è molto grosso e aggressivo e bisogna quindi aspettare il decorso della malattia”.

Un problema di burocrazia
Peccato, però, che la realtà non sia sempre così semplice. “L’intervento in contemporanea avviene in media nella metà dei casi. Ci sono ospedali e strutture importanti dove si fa nel 90% dei casi, altri dove è una rarità quindi la media è del 50%” dice la Professoressa Salgarello. “Quindi il mio consiglio è di farsi seguire in un centro che abbia la Breast Unit, ovvero le unità dove lavorano tutte le figura specializzate in questa neoplasia”.

Non solo. A complicare il quadro, si aggiunge anche il problema dei rimborsi. In pratica, ogni intervento viene rimborsato al singolo ospedale attraverso un sistema di regole e codici che, però, sono vecchi e fermi al 2012.

Il risultato? Non esiste il codice previsto per l’operazione di ricostruzione insieme alla mastectomia e solo quest’ultima viene rimborsata. “Quindi pochissime ricostruzioni vengono rimborsate dal sistema sanitario” conclude l’esperta. “Così ogni ospedale fa quello che può a seconda del suo budget e di solito deve fare prima un intervento e poi, dopo qualche mese, l’altro. Ma per la donna è una sofferenza inutile.

“Ecco perché con l’associazione Beautiful after breast cancer stiamo lanciando diverse campagne per chiedere una soluzione alle istituzioni e alla politica. L’ultima iniziativa si chiama DONNA X DONNA 2022 e raccoglie un nutrito gruppo di chirurghe plastiche e senologhe delle maggiori Breast Unit italiane. Siamo appena state in Senato e organizzeremo tanti altri appuntamenti”.