Cancro alla prostata: prevenzione e cure innovative


Prevenire il cancro alla prostata è possibile e necessario. Perché è uno dei tumori più diffusi nella popolazione maschile e i numeri sono destinati a raddoppiare. Basta un piccolo sforzo nello stile di vita per evitare di mettere in moto meccanismi dannosi. Fare i controlli a 50 anni è necessario, ma in certi casi è meglio anticipare. Intanto, grazie alla ricerca tutto si perfeziona: l’intervento alla prostata è meno invasivo e le cure del tumore sempre più personalizzabili. La diagnosi? Ci sono novità importanti anche sul quel fronte. Del resto è proprio in Italia che puoi trovare i centri di eccellenza per la cura del tumore alla prostata.

Il tumore alla prostata è il cancro più frequente tra gli uomini italiani, e a livello globale è secondo solo al tumore del polmone. Con circa 41.100 diagnosi in Italia nel 2023, il carcinoma della prostata rappresenta il 19,8% di tutti i tumori maschili. Come hanno rilevato gli esperti del Lancet Commission on prostate cancer che si sono riuniti ad aprile 2024, si prevede che in una società con più anziani il numero di nuovi casi di cancro alla prostata cresca, arrivando a raddoppiare entro il 2040. Se si è registrato un incremento significativo dei casi negli ultimi anni anche in Italia, in parte è dovuto al generale invecchiamento della popolazione, ma si prevede un aumento delle guarigioni grazie alla diagnosi precoce, ai nuovi trattamenti introdotti e al miglioramento delle cure che tengono conto anche della qualità della vita del paziente.

Prevenzione del tumore alla prostata: la strategia

Per ridurre il rischio di sviluppare il tumore alla prostata esiste una strategia di prevenzione che ogni uomo dovrebbe adottare. Infatti, se da una parte non è possibile intervenire sui fattori di rischio “non-modificabili”, ovvero l’età, l’etnia, la storia familiare di tumore e la presenza di mutazioni di geni, come BRCA1 e BRCA2, dall’altra è vero che esistono fattori modificabili.

Come adottare uno stile di vita salutare

Per incorporare nel tuo stile di vita un impegno nella prevenzione del tumore alla prostata devi evitare il fumo e devi ridurre al minimo o eliminare completamente l’alcol. Fai attività fisica regolare (almeno 150 minuti alla settimana di attività aerobica come nuoto o corsa), mantieni un peso nella norma, cerca di essere sessualmente attivo e ridurrai il rischio di sviluppare il tumore alla prostata. Dopo i 50 anni, poi, è bene cominciare ad effettuare i controlli regolarmente, se però ci sono casi di carcinoma prostatico tra i familiari, bisogna anticipare i controlli ai 40-45 anni.

Cancro alla prostata e dieta adeguata

L’alimentazione gioca un ruolo fondamentale nella salute della prostata. La dieta mediterranea è considerata un riferimento cardine nella prevenzione del carcinoma prostatico.

Per seguire un’alimentazione corretta dovrai quindi fare attenzione a consumare molta frutta, verdura (soprattutto pomodori, fonte di licopene) e cereali integrali. Devi mangiare più pesce, ricco di selenio, che carne rossa. E devi bere tanto: almeno due litri di acqua durante la giornata.

Gli alimenti dannosi per la prostata sono quelli che più facilmente infiammano l’area. Quindi è bene limitare il consumo di peperoncino, spezie, insaccati, caffè, grassi saturi, ovvero quelli che sono principalmente di origine animale (carni rosse, formaggi, latticini, lardo), ma presenti anche in alcuni vegetali come olio di palma, di cocco, margarina e di conseguenza in molti prodotti da forno industriali. Da evitare i superalcolici, soprattutto se si soffre già di irritazioni alla prostata.

Novembre è il mese della prevenzione del tumore alla prostata. Per l’occasione, solo nella Regione Lombardia comincia il programma di screening gratuito per la diagnosi precoce del cancro alla prostata, basato sull’esame del PSA. L’esame inizialmente sarà destinato ai residenti in Lombardia di 50 anni, per essere poi esteso agli uomini di età compresa tra 50 ai 69 anni. Sotto ti spieghiamo in cosa consiste e che cosa rivela il test dei livelli PSA.

cura cancro alla prostata

Screening prostata: PSA o mpMRI?

Alla diagnosi precoce va gran parte del merito di un’elevata ‘percentuale di sopravvivenza’ a dieci anni del tumore alla prostata. Oltre il 90% dei malati risulta in salute grazie anche all’aumento della diagnosi precoce legata al PSA, l’esame che dosa il cosiddetto “antigene prostatico specifico” e aiuta a individuare il carcinoma prostatico.

Il ruolo del PSA nello screening, che si effettua con un semplice prelievo del sangue, è oggetto di discussione nella comunità scientifica perché può dare falsi positivi: i valori possono infatti alterare, anche per cause diverse dalla neoplasia prostatica, come nel caso della prostatite, di una calcolosi intraprostatica, di un ascesso o di una cisti.

Il motivo è che il PSA è un marker del tessuto prostatico, non del tumore alla prostata, quindi un suo valore elevato rispetto alla norma, non va ricondotto necessariamente alla presenza di una neoplasia.

Resta però un buon primo passo per avviare un’indagine accurata. In base all’esito, infatti, si potrà procedere con risonanza magnetica (MRI) o altri test diagnostici, prima di considerare la biopsia, così come suggeriscono le nuove raccomandazioni del Consiglio Europeo sugli screening oncologici.

All’Ospedale IRCCS San Raffale, la diagnosi precoce dei tumori prostatici è affidata alla Risonanza magnetica multiparametrica (mpMRI), una tecnica avanzata di imaging che fornisce una visione più completa e dettagliata dei tessuti. Da un paio di anni sono in aumento gli studi scientifici che ne dimostrano l’efficacia nel migliorare la precisione della diagnosi e quindi personalizzare la cura tumore alla prostata.

“La mpMRI ha trasformato radicalmente l’approccio diagnostico, diventando uno strumento prezioso per identificare tumori prostatici. L’esame ha un valore predittivo negativo superiore al 90%, questo significa che se la mpMRI è negativa, è altamente probabile che il paziente non abbia un tumore. Al contrario, se è positiva indica anche la localizzazione esatta del tumore” spiega il professor Francesco De Cobelli, primario di Radiologia IRCCS Ospedale San Raffaele e professore ordinario di Radiologia, Università Vita-Salute San Raffaele.

Il vantaggio di fare una mpMRI è che non c’è rischio di non vedere un tumore alla prostata. Cosa che invece può accadere con il test sui livelli di PSA, che a volte possono rimanere bassi anche in uomini che hanno sviluppato il carcinoma prostatico e quindi sfuggire alla diagnosi, restituendo un falso negativo. Si riduce così il numero di biopsie inutili e si aumenta la precisione delle biopsie necessarie.

“Grazie alla localizzazione precisa fornita dalla mpMRI, le biopsie sono dirette verso le aree individuate dalle immagini per dare al paziente diagnosi più accurate e trattamenti personalizzati” spiega De Cobelli. “Ogni anno al San Raffaele di Milano eseguiamo più di mille risonanze magnetiche prostatiche che ci permettono di identificare subito il sospetto di tumore alla proposta e avviare immediatamente i pazienti alla cura”.

Monitorare i piccoli tumori alla prostata “insignificanti”

Nel 40% dei casi evidenziati dai livelli di PSA, infatti, si tratta di diagnosi per quelli che i medici chiamano ‘tumori clinicamente insignificanti’, ovvero neoplasie molto piccole e assolutamente non pericolose. In questi casi, si applica il protocollo di Sorveglianza Attiva.

“In pratica si tengono monitorati i pazienti con controlli frequenti e si attivano le cure appena si vede che il tumore sta cambiando. Gli studi clinici confermano l’efficacia di questo approccio, sicurezza e una buona qualità della vita” spiega Riccardo Valdagni, direttore Radioterapia oncologica e responsabile del Programma Prostata alla Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.

Gli stadi del tumore alla prostata

In Italia, con il tumore alla prostata la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è del 91% degli uomini. Oltre il 60% dei pazienti, tra cui anche quelli con le forme più grave del tumore alla prostata, riesce a guarire dal carcinoma. La sopravvivenza al tumore dipende da diversi fattori, e lo stadio al momento della diagnosi è uno dei principali.

Quando si individua il cancro ancora alla fase iniziale e quindi circoscritto alla ghiandola prostatica, la percentuale di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è quasi totale. Ma se il tumore è in fase avanzata e si è diffuso ai linfonodi o ad altri organi, la sopravvivenza si dimezza, scendendo sotto la soglia del 50 per cento.

Gli stadi del tumore indicano quanto è grande il carcinoma e quanto è diffuso nell’organismo. Lo stadio T1 si riferisce a una neoplasia che non si può percepire al tatto rettale e che contiene soltanto alcune cellule cancerose. Il tumore della prostata in stadio T2 invece è palpabile con l’esplorazione rettale ed è confinato a uno o entrambi i lobi della ghiandola prostatica. Quando si arriva allo stadio successivo T3, il tumore della prostata si è esteso al di fuori. Quando il cancro alla prostata invade gli organi vicini, come il retto o la vescica, è arrivato allo stadio T4.

Nuove cure del tumore alla prostata

Davanti alla diagnosi di un tumore alla prostata l’intervento chirurgico rappresenta spesso la scelta numero uno, soprattutto grazie all’utilizzo dei robot in sala operatoria che permettono un’operazione mirata e meno invasiva.

A volte, dopo l’operazione gli oncologi consigliano anche la radioterapia di precisione, soprattutto ora che è possibile individuare le persone più sensibili a questo trattamento grazie ai test genetici.

Tra le terapie adiuvanti troviamo la terapia ormonale per la prostata che mira a ridurre il testosterone per diminuire la possibilità che la malattia si ripresenti o, quando il cancro prostatico è in fase avanzata, per rallentare la sua crescita. Le cure ormonali per il tumore alla prostata possono avvenire sia prima o dopo la chirurgia o la radioterapia.

Anche sul fronte diagnostico ci sono importanti novità che influiscono sulle cura e sulla scelta di terapie personalizzate per ogni paziente.  Tra le tecnologie più innovative troviamo la radiomica, che converte le immagini mediche del tumore in dati numerici. Questi a loro volta, con l’aiuto dell’intelligenza artificiale si possono analizzare per evidenziare nuovi marcatori e ottenere informazioni dettagliate utili per la diagnosi e per la prognosi del tumore.

Tra le nuove terapie farmacologiche, è significativa l’approvazione da parte dell’AIFA di darolutamide, un inibitore del recettore degli androgeni. La combinazione di darolutamide alla terapia ormonale e alla chemioterapia prolunga la sopravvivenza, ritarda la progressione di malattia e salvaguarda la qualità di vita di chi ha la neoplasia in fase metastatica. Permette infatti di migliorare la quotidianità a chi ha un tumore della prostata metastatico e che, altrimenti, può provare dolori ossei così forti da non riuscire a dormire o a camminare.

I centri di eccellenza per il tumore alla prostata

Per chi ha ricevuto una diagnosi di tumore alla prostata identificare il miglior centro in Italia per le cure è l’obiettivo principale. Un’ottima regola da adottare per decidere dove operarsi per tumore alla prostata è privilegiare le strutture in cui si adotta un approccio multidisciplinare, con specialisti differenti che lavorano insieme e che sono sempre aggiornati su percorsi e trattamenti.

Considera che in Italia ci sono davvero i migliori ospedali oncologici del mondo, come conferma la classifica “World’s Best Specialized Hospitals 2025”, stilata dal magazine internazionale Newsweek basata un’indagine coinvolge professionisti sanitari di tutto il mondo, considera le certificazioni internazionali e i risultati dei Patient Reported Outcome Measures (PROMs) che valutano la percezione dei pazienti sulla propria salute e qualità di vita. Quest’anno nella classifica delle migliori 300 centri di oncologia, ci sono ben 21 strutture italiane di cui 6 ospedali oncologici a Milano, area metropolitana.

Se ancora non ti basta e vuoi un’indicazione più precisa per scegliere il miglior centro in Italia per la cura del tumore alla prostata, incrocia i dati con le strutture che hanno il Bollino azzurro, la certificazione ideata dalla Fondazione Onda ETS per supportare i pazienti nella scelta consapevole della struttura adatta alla proprie esigenze.

I risvolti psicologici del cancro alla prostata

Non bisogna trascurare gli aspetti psicologici legati a doppio filo con la patologia. “Il cancro alla prostata non è solo una malattia del corpo, ma colpisce l’identità maschile più intima perché capita che i trattamenti incidano sulla qualità di vita dei pazienti, soprattutto a livello sessuale, urinario e intestinale. Indipendentemente dalla tipologia d’intervento o dalla persistenza degli effetti collaterali, i pazienti sperimentano un senso di perdita: delle proprie funzioni, del proprio sé e della connessione con l’altro” dice Chiara Marzorati, psicologa e psicoterapeuta dell’Istituto europeo di oncologia. Ecco perché è sempre utile pensare anche al proprio benessere mentale e chiedere aiuto.

Europa Uomo è la prima e principale rete di informazione e supporto per il tumore alla prostata in Italia ed Europa. “Durante e dopo le cure, Europa Uomo sostiene gli uomini tramite un gruppo di auto-aiuto, attività di supporto coordinate da uno psicologo, riabilitazione motoria con un personal trainer, incontri con gli specialisti del settore e attività socioculturali” spiega Maria Laura De Cristofaro, presidente dell’associazione. “Ci sono anche i Venerdì di Europa Uomo, gli appuntamenti pensati per migliorare la qualità di vita dei pazienti e delle loro famiglie, aiutandoli a creare una nuova rete sociale di supporto”.