Oggi l’intervento di mastectomia fa meno paura
Mastectomia, cinque sillabe per una parola che racchiude molteplici emozioni anche contrastanti: paura, speranza, sconforto, incertezza, ansia, senso di fragilità, confusione, inquietudine… Eppure, davanti a una diagnosi di tumore al seno, oggi la prospettiva dell’intervento chirurgico spaventa di meno rispetto al passato. Perché? Perché nella maggioranza dei casi si può ricorrere alla chirurgia mammaria conservativa. E quando ciò non è possibile, si ha comunque il sollievo di sapere che la classica mastectomia totale e radicale ha fatto il suo tempo (o quasi). Oggi, infatti, si può contare su un approccio conservativo grazie alla consolidata tecnica chirurgica della mastectomia nipple sparing e associare l’intervento oncologico alla ricostruzione del seno. Ce ne parla la dottoressa Elisa Vicini, Chirurga Senologa dell’Istituto Europeo di Oncologia, IEO di Milano.
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La mastectomia non è sempre la prima opzione
Vissuta un tempo come una necessaria mutilazione della femminilità, il prezzo da pagare per rimuovere insieme al proprio seno l’agglomerato di cellule in riproduzione incontrollata, oggi la mastectomia è un intervento a cui ci si affida con maggiore fiducia e consapevolezza. I motivi sono parecchi.
“Prima di tutto, dobbiamo ricordare che grazie alla diagnosi precoce e alle continue innovazioni nelle terapie oggi è possibile curare gran parte dei tumori al seno con interventi di chirurgia conservativa” rassicura la dottoressa Elisa Vicini, Chirurga Senologa dell’Istituto Europeo di Oncologia, IEO di Milano. “La mastectomia non è la prima opzione, ma una scelta alla quale si arriva in base a molteplici fattori, tra i quali la storia clinica della paziente, la predisposizione genetica e l’impossibilità di ricorrere in maniera efficace a trattamenti conservativi a causa di dimensioni e forma del seno, localizzazione o tipo della neoplasia, della necessità di asportare anche parte della cute”.
Come si decide il tipo di intervento sul tumore al seno
Il tipo di intervento si discute durante una riunione multidisciplinare che oggi, nelle moderne Breast Unit, coinvolge non solo il chirurgo senologo, ma anche oncologo medico e chirurgo plastico, radioterapisti, medici nucleari, radiologi, genetisti, Breast Nurses, psicologi e fisioterapisti.
“La paziente viene presa in carico dall’intero gruppo che, caso per caso, decide il percorso terapeutico” sottolinea la dottoressa Vicini. “Il trattamento del tumore alla mammella non implica solo l’intervento chirurgico che, comunque, non rappresenta necessariamente la corsia preferenziale delle diverse fasi terapeutiche possibili”. Se si stabilisce che la chirurgia è il primo step, perché non si ritiene necessario somministrare una terapia neoadiuvante mirata a curare il tumore meglio e per ridurne le dimensioni, si decide con quale intervento chirurgico agire.
Mastectomia preventiva come Balti e Jolie
Si sente parlare sempre più spesso di mastectomia bilaterale preventiva. L’attenzione si è accesa anni fa, in occasione della decisione dell’attrice Angelina Jolie di sottoporsi alla mastectomia profilattica che consiste nell’asportazione delle ghiandole mammarie in una donna sana. E poi è tornata di attualità quando la modella Bianca Balti ha recentemente optato per la mastectomia bilaterale profilattica così da ridurre il rischio di tumore al seno al quale è geneticamente predisposta. “La strada della mastectomia preventiva è infatti percorribile davanti al rischio elevato di sviluppare un tumore alla mammella accertato mediante un test genetico positivo” ci conferma la senologa. “Alle donne con mutazioni genetiche BRCA1 e BRCA2, infatti, si offre come opzione l’intervento perché abbassa del 90-95% le probabilità di sviluppare il tumore al seno”.
Quando si ricorre alla mastectomia radicale
Per quanto riguarda la mastectomia radicale, quella che un tempo era l’unica opzione possibile e che prevede la rimozione della mammella, dei linfonodi anche quando sani e dei muscoli pettorali, oggi non si pratica quasi più. “Con il tempo, gli studi scientifici hanno dimostrato che non è necessario un intervento ampio e invasivo che lascia una deformità permanente. Oggi, questo tipo di chirurgia può essere adottata in casi particolari, come quando ci si trova davanti a un tumore molto aggressivo con un’estensione locale importante, o a un tumore diverso da quello della mammella. Per esempio, può accadere con i sarcomi, che sono tumori dei tessuti molli, ma in linea generale queste soluzioni chirurgiche sono piuttosto rare” spiega la dottoressa Vicini.
Dott. Elisa Vicini, Chirurga Senologa dell’Istituto Europeo di Oncologia, IEO di Milano.
Mastectomia nipple sparing: intervento conservativo
Quando invece parliamo del trattamento del tumore della mammella più diffuso, che si identifica grazie alla diagnosi precoce, fatta sia su base clinica sia quando il tumore non si sente ancora con le mani, grazie a esami come la mammografia, gli interventi chirurgici possono essere più conservativi.
“Oggi sappiamo che, se il tumore è contenuto all’interno della mammella, non è necessario spingersi nei tessuti circostanti. Ecco perché da alcuni anni quella che si esegue su larga scala è la mastectomia nipple sparing, ovvero una asportazione della ghiandola mammaria con la conservazione del capezzolo e di tutto l’involucro cutaneo” racconta la specialista. “Quello che rimane visibile è un seno con la cicatrice che può avere forme differenti. A volte le cicatrici della mastectomia sono mutuate dalla chirurgia estetica perché servono anche a rimodellare la pelle e a riposizionare il capezzolo, oltre che a consentire l’accesso del chirurgo per effettuare parte della demolizione della ghiandola”.
In pratica, si può avere la classica cicatrice laterale che, se immaginiamo la mammella come il quadrante di un orologio, si posiziona alle ore due. A volte la cicatrice rimane nella piega del seno, lungo il solco naturale, oppure si nasconde seguendo la circonferenza del capezzolo. “Ovviamente, anche in questo caso, la scelta di dove praticare l’incisione e quindi di avere la cicatrice dipende da diversi fattori: da quanto è grande la mammella, da dove si trova il tumore, dipende anche dai linfonodi e dall’approccio del chirurgo plastico che ricostruirà successivamente” sottolinea la dottoressa Vicini.
Quando si decide per un intervento di mastectomia che prevede l’intervento del chirurgo plastico, in base alla struttura ospedaliera, ci può essere un chirurgo plastico che si occupa della fase ricostruttiva dopo che il chirurgo senologo ha effettuato la parte demolitiva. Oppure, in altre strutture c’è un chirurgo oncoplastico che si occupa sia della parte demolitiva che di quella ricostruttiva.
Il tatuaggio quando il capezzolo è ammalato
La nipple sparing è oggi la mastectomia più praticata, anche perché permette un’efficace ricostruzione della mammella durante un solo intervento. “Contestualmente si analizza il tessuto per confermare il fatto che il capezzolo sia sano e che lo si possa conservare per la ricostruzione. Invece, se durante l’intervento chirurgico il capezzolo risulta ammalato, allora lo si asporta e lo si ricostruisce, scolpendolo e applicando un tatuaggio. A volte è possibile prendere una porzione dell’altro capezzolo, se è abbastanza voluminoso, e utilizzarlo per la ricostruzione” spiega la dottoressa Vicini. Questa eventualità avviene in un secondo momento ed è affidata al chirurgo plastico che esegue la ricostruzione del seno dopo la mastectomia, con un intervento in anestesia locale.
La quadrantectomia anche in day hospital
Quando non è necessario rimuovere tutta la ghiandola mammaria, si può togliere solo il tumore con quella che un tempo si chiamava quadrantectomia: si tratta dell’asportazione locale del tumore con un margine di sicurezza, non di un quarto del seno” ci ricorda la senologa. “Dal punto di vista del risultato è meglio, perché non servono protesi e ci si riprende molto più rapidamente dall’intervento, che si può effettuare anche in day hospital. Di solito, in quel caso, si fa anche la radioterapia a completamento dell’intervento chirurgico”.
Ovviamente, alla fattibilità dell’intervento concorrono tanti fattori come, per esempio la dimensione stessa della mammella. Rimuovere una piccola porzione su una taglia IV ha un impatto estetico più contenuto rispetto a rimuovere la stessa massa tumorale da un seno delle dimensioni di una taglia I.
Mastectomia e l’impatto sulla qualità della vita
L’impatto psicologico della mastectomia si manifesta a diversi livelli nella vita quotidiana della paziente. “Il recupero fisico è generalmente rapido e nell’arco di un mese si arriva a riprendere l’attività sportiva. La gestione del dolore post-operatorio, le medicazioni e la presenza temporanea di drenaggi fanno parte del percorso di guarigione. Dopo un intervento di mastectomia serve pazienza e costanza nel seguire le indicazioni mediche per garantire il miglior recupero possibile” spiega la dottoressa Vicini.
Ma dal punto di vista psicoemotivo che cosa succede dopo un intervento di mastectomia? “La perdita della sensibilità del seno e del complesso areola-capezzolo rappresenta un cambiamento significativo nella percezione corporea, e richiede un processo di adattamento anche in caso di ricostruzione mammaria” avverte la senologa. “Si tratta di un’operazione che influenza profondamente la sfera intima e sessuale della donna, motivo per cui è bene non esitare a richiedere supporto sia al personale medico-infermieristico che al servizio di psiconcologia”.
La ricostruzione del seno può essere immediata
Avere perfezionato la tecnica chirurgica per rimuovere il tumore al seno, comporta numerosi benefici, a cominciare dalla possibilità di effettuare contestualmente la ricostruzione mammaria. Grazie alle nuove tecniche di mastectomia conservativa, oggi la ricostruzione è diventata parte integrante del percorso di cura a carico del Servizio sanitario nazionale. “Tra le due possibilità di ricostruzione del seno differita e ricostruzione immediata, contestuale all’intervento demolitivo, è sempre più praticata la seconda opzione”, ci dice la dottoressa Vicini. “In questo modo si allontana il rischio di cadere nella depressione, si riduce l’ansia e si migliora la qualità della vita dopo una mastectomia”. Naturalmente il percorso di cura non si conclude con l’intervento di mastectomia. “Una volta analizzato il tessuto malato, il collegio multidisciplinare si riunisce per valutare la necessità o meno di trattamenti successivi, che possono essere chemio o radioterapia, terapia immunologica o endocrina, in base al quadro generale della paziente” conclude la senologa.
Questo approccio consente di affrontare non solo gli aspetti medici, ma anche le implicazioni psicologiche e sociali dell’intervento e della malattia, accompagnando le pazienti in un percorso di cura completo.
La cura del tumore al seno è un lavoro di squadra
A differenza della quadrantectomia che oggi si può fare in day hospital, la mastectomia richiede solitamente una degenza di due o tre giorni, soprattutto se è prevista una ricostruzione immediata. Le complicanze possibili includono sanguinamenti, infezioni, problemi della cicatrice. Per questo, l’assistenza post-operatoria è fondamentale per garantire una ripresa ottimale.
I progressi delle tecniche chirurgiche hanno reso la ricostruzione mammaria una realtà ben consolidata. Efficace dal punto di vista estetico, l’intervento di ricostruzione attenua l’ansia e il rischio di depressione oltre che migliora la qualità della vita delle donne sottoposte a mastectomia. Ogni intervento quindi, che si tratti di chirurgia conservativa o di mastectomia, è parte di un viaggio complesso che richiede il supporto di un team esperto e l’utilizzo delle tecniche più avanzate. Grazie ai progressi della medicina, le donne possono oggi affrontare questa sfida con maggiore serenità, recuperando non solo la salute, ma anche una piena fiducia nel proprio corpo.
Mara Locatelli
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