Con lo sport ho superato gli ostacoli di un adenocarcinoma endometriale
L’adenomacarcinoma endometriale è un tumore dell’endometrio, uno dei tumori più frequenti nelle donne, soprattutto dopo la menopausa. Oggi, arricchiamo la nostra sezione di testimonianze di malati di cancro con la storia di Marcella. I sintomi del tumore dell’endometrio compaiono all’improvviso. Gli esami e poi la diagnosi di adenocarcinoma endometriale la proiettano in una nuova vita. Ex atleta di sport da combattimento e insegnante di Pilates, adesso deve misurarsi con un’altra prova
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- Adenocarcinoma endometriale: la storia Marcella
Marcella è una donna attiva, energica e allo stesso tempo dolcissima, con un passato da atleta di sport da combattimento. Oggi, a 58 anni, si divide tra la professione in campo assicurativo e l’attività di insegnante di Pilates. In un periodo già delicato della sua vita, il 3 dicembre 2021 Marcella viene colta alla sprovvista dalla diagnosi di tumore.
“Dopo aver avuto degli inaspettati episodi, pseudo emorragici, la ginecologa mi manda a fare un esame specifico, la biopsia endometriale Vabra. Solo successivamente ho scoperto che era possibile effettuarlo in anestesia locale. Invece, allora, non me l’hanno nemmeno proposto e hanno prelevato il tessuto per la biopsia senza alcuna sedazione”.
Il mese successivo le arriva la diagnosi netta di adenocarcinoma all’endometrio. Inizialmente, il tumore all’utero diagnosticato a Marcella sembra un adenocarcinoma endometriale g1. “Ma in seguito all’esame istologico la diagnosi verrà corretta in adenocarcinoma endometriale g2, anche se poco infiltrato” spiega Marcella. “Dopo una serie di analisi e di accertamenti, il 20 di gennaio del 2022 sono stata operata all’Ospedale San Raffaele di Milano.”
Quali sono i sintomi di un tumore all'endometrio?
A volte, i sintomi di un tumore all’endometrio si scambiano per irregolarità del ciclo mestruale. Il principale segnale del tumore endometriale è, infatti, il sanguinamento atipico che può essere associato a un flusso mestruale più abbondante. Dopo la menopausa, invece, il sanguinamento vaginale è chiaramente un sintomo di allarme che impone un’immediata visita ginecologica.
“Vista la mia età, gli iniziali sintomi del tumore dell’endometrio coincidevano con una sorta di pre-menopausa. Quindi avevo dei cicli un po’ altalenanti, il flusso saltava poi tornava ed era abbondante. L’ultimo mese il flusso è diventato eccessivo, con episodi di emorragia, e la mia ginecologa si è insospettita. Mi ha detto: Non può essere un sintomo di pre-menopausa, bisogna andare più a fondo. Mi ha mandato immediatamente a fare un esame al pronto soccorso dell’Ospedale San Raffaele, a Milano, da cui è emersa la diagnosi. Grazie a questi sintomi e agli esami tempestivi, infatti, hanno individuato subito il tumore all’utero e sono potuti intervenire senza perdere tempo.”
Prima di proseguire con il racconto di Macella, spieghiamo che cos’è esattamente l’adenocarcinoma all’utero. Si tratta di una neoplasia dell’endometrio, ovvero di un tumore al rivestimento della cavità interna dell’utero. Nello specifico, l’adenocarcinoma è una neoplasia che si sviluppa nelle cellule che producono e rilasciano muco e altri fluidi. Il tumore all’endometrio è il quarto tra i tipi di cancro più diagnosticati nelle donne (rappresenta il 5,5 per cento delle diagnosi). Ha una maggiore incidenza tra i 50 e i 69 anni, fascia di età in cui il tumore dell’endometrio diventa la terza neoplasia più frequente. Secondo i dati Esmo, per le donne con il tumore circoscritto all’utero, il tasso di sopravvivenza a 5 anni è del 90 per cento.
Subito l’isterectomia laparoscopica
“Mi hanno fatto l’isterectomia totale con annessiectomia bilaterale e la biopsia del linfonodo. In pratica mi hanno tolto tube, ovaie e utero con la valutazione dello stato linfonodale attraverso il linfonodo di sentinella. Dalla analisi del linfonodo non è emersa alcuna metastasi per fortuna”.
L’intervento ginecologico è avvenuto in laparoscopia, una tecnica chirurgica poco invasiva perché opera attraverso piccole incisioni della parete addominale. I vantaggi si traducono in un decorso post operatorio più agevole, con un periodo di degenza in ospedale più breve e minore fastidio per la donna operata. “Infatti, l’isterectomia in laparoscopia non è stata particolarmente pesante o difficile da affrontare, direi un normale intervento chirurgico con il suo decorso. Purtroppo, successivamente hanno rilevato una lieve infiltrazione, che ha reso necessario la radioterapia successiva. Così ho dovuto fare la radioterapia pelvica a fasci esterni”.
Come cambia il corpo dopo un’isterectomia
Per quanto una isterectomia laparoscopica possa essere meno invasiva, si tratta sempre di un intervento chirurgico importante soprattutto se abbinato alla annessiectomia bilaterale preventiva. Perché con l’asportazione di ben cinque organi il corpo cambia.
“Essendo un ex atleta, ho sviluppato una grande consapevolezza del mio corpo. Quindi, il maggior disagio dopo l’isterectomia laparoscopica è stato quello di non percepire il corpo per come lo conoscevo. Non avere più consapevolezza del mio addome, dopo l’intervento, è stato un grosso shock. Però non mi sono rassegnata passivamente a questa trasformazione. Superato il tempo necessario al riposo, ovvero il mese in cui mi hanno proibito qualsiasi attività per via dei punti di sutura, ho attuato un piano di recupero”.
La natura reattiva e lo spirito da combattente, che Marcella ha modellato negli anni di lavoro sportivo, la sostengono nel suo desiderio di tornare quelle che era prima della diagnosi di tumore dell’endometrio. “Non volevo accettare l’idea che con l’asportazione dei miei organi se ne fosse andata anche la padronanza del mio corpo. Giorno dopo giorno, ho cominciato brevi allenamenti. All’inizio mi dedicavo solo alla respirazione, che mi permetteva di connettere la mente al corpo. Dopodiché, ho introdotto qualche esercizio di stretching, poi ho unito respirazione e stretching, e a mano a mano ho aggiunto un piccolo mattone alla volte”.
I momenti bui della malattia in solitudine
I momenti no, quelli in cui tutte le certezze sembrano venire meno e lo sconforto può precipitare nella più cupa depressione sono un rischio per tutti, quando si combatte una malattia come il tumore. “Soprattutto se la diagnosi ti coglie in un momento in cui stai attraversando la vita da sola, è ancora più difficile fronteggiare le difficoltà correlate. Avevo perso da poco il papà e non ho voluto coinvolgere la mamma che era invalida. Così le ho detto della neoplasia endometriale solo a cose fatte. Potevo contare sempre su mia sorella, ma alla fine a casa ero da sola, anche perché eravamo ancora in periodo Covid”.
Marcella affronta in solitudine ogni fase del tumore all’utero, compreso l’intervento, il post operatorio, gli esami, la radioterapia… “Dover sostenere tanti aspetti della malattia senza poterli condividere con una persona accanto che ti supporta è stato molto pesante. Però, come ho sempre fatto nella mia vita, ho preso atto della realtà: mi sono armata di pazienza, di determinazione e mi sono detta che dovevo fare quello che c’era da fare”.
Serve la terapia adiuvante dopo l’isterectomia: un brutto colpo
In aggiunta alla chirurgia, in base al caso specifico il team multidisciplinare valuta la necessità o meno di una terapia adiuvante, ovvero somministrata successivamente all’asportazione chirurgica. Nel caso di Marcella, i medici decidono per un ciclo di radioterapia pelvica adiuvante: 30 sedute giornaliere di radioterapia con radiazioni che arrivano alla zona da trattare dall’esterno del corpo. “Confesso che i momenti di sconforto maggiore li ho vissuti durante la radioterapia. Purtroppo, non raccontano mai abbastanza sulla radioterapia: quanto può essere pesante e quello che comporta la radioterapia. Fortunatamente, non ho dovuto fare anche la chemio, perché la radio è stata molto debilitante” sottolinea Marcella.
Marcella, abituata a salire le scale a tre gradini alla volta, non riesce più a fare mezza rampa di scale senza avere il fiatone. Questa nuova versione di sé la prende di sorpresa. “La radioterapia ti brucia completamente le forze. Ero terrorizzata all’idea di rimanere così, priva di quell’energia necessaria per riprendere la mia vita di sempre. Non vedevo l’ora di concludere la radioterapia per capire se gli effetti collaterali sarebbero passati o meno”.
Anche se è stato necessario tempo e le sono rimasti danni permanenti, Marcella oggi è riuscita a recuperare le forze, quasi del tutto.
I disturbi legati alla radioterapia
“Dopo l’intervento all’addome, una volta guarita non provavo dolore da nessuna parte. Mentre la radioterapia mi dava una sensazione di spossatezza che mi annientava. Inoltre, si sono presentati anche i problemi alle vie urinarie e le infiammazioni genitali, tutt’altro che piacevoli da affrontare”.
Marcella non si dà per vinta davanti ai nuovi disturbi e vuole trovare delle soluzioni efficaci. “Purtroppo, i medici trovati all’Ospedale San Raffaele non sono stati così sensibili nel dare indicazioni. Invece, è indispensabile l’assistenza da parte degli operatori sanitari che, al posto di sottovalutare gli effetti della radioterapia dovrebbero fornire consigli precisi e puntuali” sottolinea con rammarico.
“Sono stata fortunata con la primaria di radioterapia che, con grande disponibilità, mi ha aiutato tantissimo. Così ho scoperto che bisogna prendere gli integratori fin da prima di cominciare la terapia. E ho imparato a usare delle pomate apposite perché la radioterapia può provocare ustioni. È fondamentale sapere come puoi proteggerti e come devi curarti. In più ho un ginecologo eccezionale e grazie a questo abbinamento fortunato ho ricevuto un’iniezione di energia per affrontare il percorso e riuscire a vedere la luce.”
Oggi Marcella ha accumulato informazioni sufficienti per poter offrire i propri consigli a chi si deve sottoporre alla radioterapia dopo un’isterectomia. “Con la radioterapia, infatti, la pelle si arrossa, possono svilupparsi piccole screpolature, oppure delle vesciche, e quando ciò accade devi essere pronta a curarle. Puoi anche andare incontro a problemi alla vescica o a piccole emorragie. Sono tanti gli effetti indesiderati della radioterapia e bisogna gestirli accuratamente man mano che capitano, senza cedere allo sconforto”.
Le soluzioni ci sono, si tratta solo di informarsi, fare domande ai medici e chiedere alle pazienti che ci sono passate. “Ho appena affiancato la mamma di un’amica che doveva affrontare un tumore più grave del mio, non operabile. Ho cercato di mettere al suo servizio la mia esperienza, e i miei consigli le sono stati molto utili”. Informarsi dalle persone che hanno già affrontato queste problematiche e ne hanno avuto esperienza diretta è sempre molto utile.
“Mai cedere al panico davanti alla diagnosi, bisogna fermarsi, respirare e ragionare per priorità. I momenti difficili ci sono, ma bisogna guardare avanti e affidarsi a un medico che sia presente ed empatico. Se uno specialista non ti convince, cambialo. Quando puoi contare sul medico giusto, non ti senti più sola nell’affrontare la malattia”.
Le cure per il tumore dell’endometrio lasciano il segno
Sono servite costanza e determinazione per compiere questo cammino, ma oggi a distanza di tre anni dalla diagnosi, Marcella afferma con un sorriso di soddisfazione di avere ripreso il comando del suo corpo.
“Anche se non con la stessa intensità, riesco a fare almeno l’80% di quello che facevo prima. Evidentemente il mio addome si è assestato alla nuova conformazione e dimensione. Il vuoto lasciato dagli organi asportati con l’isterectomia e annessiectomia è stato colmato, piano piano, dagli organi presenti che si sono riassestati e adattati alla nuova condizione. Oggi posso eseguire tutti gli esercizi e i movimenti che facevo prima della diagnosi di tumore” spiega Marcella.
Gli unici limiti che ha dovuto accettare non sono di natura muscolare, bensì sono quelli causati dalle complicanze neurologiche effetto indesiderato della radioterapia. “La radioterapia mi ha lasciato una neuropatia che mi crea problemi soprattutto ai polsi e alle mani, per i nervi danneggiati. Purtroppo, questo ti rende inevitabilmente meno forte, non non c’è niente da fare. Devo convivere con i dolori che mi provoca la neuropatia, però grazie all’allenamento il recupero fisico è quasi totale”.
Dal Pilates al nuoto, la rinascita di Marcella
“Lo sport per me è stato fondamentale. Perché dopo il perfetto recupero grazie alla pratica del Pilates ho ripreso l’altra mia grande passione: il nuoto. Sono rientrata in piscina dopo un anno di assenza e oggi nuoto le 100 vasche che facevo fino a prima del tumore dell’endometrio” spiega Marcella. “Per me questo è un successo, anche a livello psicologico perché è la dimostrazione concreta che ho superato ogni difficoltà. Tornare a dedicare il tempo all’attività fisica sancisce il ripristino della vita normale o meglio il ritorno alla vita dopo il cancro.”
Marcella ha ascoltato il suo corpo, e con costanza e determinazione ha percorso tutti i passaggi, uno dopo l’altro, dalla respirazione alla riabilitazione motoria con il pilates fino a riconquistare il suo posto in vasca. A dimostrazione che con il tempo e la costanza si può ristabilire la vita di sempre.
“L’importante è non cedere allo scoramento. Anche a me capitavano giorni in cui non avevo proprio voglia di rispettare la mia tabella di allenamento. Ancora adesso ci sono giorni così. Però, mi dico che lo devo fare, perché serve a me. Siccome so che ne traggo beneficio, perché poi sto meglio, mi concentro sugli effetti positivi che mi dà l’attività sportiva. Quindi, anche in mancanza di voglia, mi sprona il vantaggio che otterrò successivamente”.
L'attività fisica aiuta anche la mente
Lo sport rilascia endorfine che aiutano la mente e agiscono sullo stato d’animo. A fine allenamento l’umore cambia in positivo. Succede con qualsiasi tipo di sport, si tratta solo di trovare l’attività che piace di più. “Io ho il Pilates e il nuoto, ma ciascuno può trovare lo sport adatto, quello che ti dà la possibilità di riprendere in mano il tuo corpo e la tua vita. È fondamentale non farsi scoraggiare, ma dopo un intervento chirurgico per il tumore bisogna assolutamente riprendere l’attività fisica, purché gradualmente. Ogni movimento deve essere sempre naturale, altrimenti l’organismo reagisce male allo sforzo fisico”.
Marcella ci tiene a ricordare quanto sia importante l’ascolto del proprio corpo e procedere per gradi. “Io stessa ho attuato un programma graduale dolce. Provavo a fare un esercizio, l’indomani ne sperimentavo uno diverso. Poi ho stabilito qualche esercizio da eseguire come test ogni giorno, per monitorare i miglioramenti graduali nell’esecuzione. Il mio esercizio test è diventato il metro di misura per valutare i progressi nella mobilità, nella forza, nella flessibilità, e così via”.
Ovviamente, Marcella ha il vantaggio di essere un’atleta e un’insegnante, quindi per lei è più semplice capire cosa correggere e cosa potenziare. “Ecco perché è molto utile affidarsi a professionisti con esperienza anche in campo di recupero motorio. Quello che sto facendo oggi è proprio cercare di mettere a servizio la mia esperienza di paziente oncologica, rivolgendomi non solo agli allievi, ma soprattutto agli insegnanti di pilates che possono trovarsi a lavorare con chi ha avuto patologie come il cancro. Senza una preparazione adeguata, infatti, il rischio è che per timore si sconsigliano esercizi e movimenti che invece sarebbero utilissimi. L’importante è sapere come, quando e quali fare per aiutare ognuno ad ottenere dei miglioramenti graduali.”
Protocolli di recupero funzionale studiati per i tumori femminili
“Insieme agli altri docenti della nostra scuola di formazione Pilates Network, riconosciuta APPI (Associazione Professionisti Pilates), vogliamo offrire sempre più informazioni agli insegnanti che prepariamo, attingendo anche alle nostre esperienze personali” spiega Marcella. “Quindi ho intenzione di avviare dei piccoli workshop, insegnando dei protocolli di lavoro specifici, mirati soprattutto ai tumori femminili. Quindi tecniche di allenamento e di recupero pensate per le donne che hanno avuto il tumore al seno, il tumore all’utero o alle ovaie”.
Questi, infatti, sono gli ambiti per i quali le donne si percepiscono come mutilate e, di conseguenza, spesso si avvertono come non più in grado più di fare determinate cose. “Invece, è solo il tipo di approccio all’allievo che deve cambiare” sottolinea Marcella Pastore. “Il trainer deve aiutare a sentirsi a proprio agio e a trovare la chiave di accesso all’allenamento che fornisce soddisfazione e miglioramento. Questo percorso aiuta soprattutto la mente e tiene lontana la depressione.”
Qualche consiglio per affrontare la malattia
Il tumore ti insegna a reagire e a non arrenderti agli ostacoli. “Mai cedere al panico davanti alla diagnosi. Di solito ci si sente smarriti e ci si chiede: Ma da dove inizio, no? Adesso cosa faccio?”. dice Marcella. “Consiglio di fermarsi, respirare e stilare un elenco di cose da fare, scelte in base alla priorità”. Questo è il metodo migliore da adottare davanti a ogni nuovo step: fermarsi, analizzare e individuare le priorità, in modo tale da compiere un passo per volta.
“Raccomando anche di non arrendersi al primo medico, bisogna trovare gli interlocutori giusti. Se l’oncologo o il ginecologo non ti dà soddisfazione, cambialo. Trova un professionista con cui c’è sintonia e che ti offra supporto. Io sono stata fortunata, se ho un problema o un dubbio, so che posso scrivere al mio ginecologo e che lui mi risponde. Cosa che, invece, il mio medico di base non fa. Questo non ha prezzo, perché ti fa sentire meno sola” sottolinea Marcella, con gratitudine. “Purtroppo, oggi le strutture pubbliche sono malmesse, il personale sanitario è insufficiente e sempre sommerso di lavoro. A volte i medici non hanno tempo, ma qualcuno manca proprio di sensibilità, dedizione e dell’approccio umano di un medico che fa il medico.”
Lo sguardo rivolto al futuro, attraverso il follow up oncologico
“Dico la verità, in questi anni ho un po’ smesso di sognare. Anche se i controlli vanno bene, la paura del tumore rimane, perché potrebbe colpire altre parti. Quindi, in questo momento non mi concedo il lusso di sognare. Però spero di potere avere un po’ di serenità. Resto comunque una combattiva e affronterò qualsiasi cosa mi vorrà riservare la vita”.
Settimana scorsa, Marcella ha fatto la visita di controllo, gli esami e l’ecografia sono andati bene e tra quattro mesi farà la TAC. “Rispettare i follow-up è importantissimo. Perché se dovesse capitare di avere qualcosa, qualche avvisaglia, si può intervenire subito” ci tiene a ricordare prima di salutarci. “Non bisogna peccare di leggerezza e pensare che siccome si sta bene è passato. Il mio ginecologo mi ha detto: Non salti mai il follow up, perché anche se lei non avverte niente, ci sono manifestazioni silenti che si scoprono solo rispettando i controlli. La sicurezza garantita dal follow up mi dà grande tranquillità. E io rispetto ogni appuntamento senza nessuna deroga”.
Mara Locatelli
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