Rischio di linfedema dopo il tumore alla prostata: cosa fare
Hai affrontato un intervento alla prostata o stai per sottoporti a un’operazione e ti chiedi quali potrebbero essere le conseguenze? Una delle complicanze meno conosciute ma più impattanti a lungo termine è il linfedema, una condizione cronica che può colpire gli arti inferiori, l’area pelvica e i genitali. Vediamo di cosa si tratta, come puoi riconoscerlo e affrontarlo al meglio
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Il linfedema oncologico è una patologia caratterizzata dall’accumulo di liquidi nei tessuti del corpo. Se ti sei sottoposto a un intervento per tumore alla prostata dovresti essere stato informato del rischio di linfedema degli arti inferiori, di linfedema all’inguine o allo scroto. Circa il 14% dei pazienti che subiscono l’asportazione dei linfonodi pelvici sviluppa il linfedema.
Questa complicanza può manifestarsi anche a distanza di mesi o anni dall’operazione, resta spesso nell’ombra nonostante possa avere un impatto significativo sulla qualità della vita. Quando l’intervento chirurgico comporta la rimozione dei linfonodi o un danneggiamento, si riduce la capacità del sistema linfatico di drenare i fluidi corporei.
Abbiamo chiesto alla dottoressa Sara Mantovani, fisioterapista esperta nel trattamento del linfedema, come si riconosce il linfedema agli arti inferiori o il linfedema pelvico post intervento alla prostata e come comportarsi per tenerlo sotto controllo e ridurre fastidi.
Riconoscere i sintomi del linfedema
Il linfedema genitale e quello agli arti inferiori si manifestano con un gonfiore anomalo che può interessare una sola gamba, entrambe, lo scroto o il pene. Il linfedema secondario può insorgere anche a distanza di anni dall’operazione, ma nella maggior parte dei casi si presenta entro i primi due anni dall’intervento.
“I sintomi del linfedema secondario sono spesso trascurati ma visibili: una calza che stringe, una gamba dei pantaloni più aderente, il segno sulla pelle lasciato dalla cucitura sullo scroto” avverte la dottoressa. “A volte il gonfiore inguinale viene liquidato come normale post-operatorio, ma se non regredisce entro due mesi, bisogna rivolgersi a un centro specializzato”.
Sì, perché con il linfedema non si scherza. “Il linfedema può essere causato proprio dalla rimozione dei linfonodi per colpa del tumore e, purtroppo, non se ne va più” sottolinea la dottoressa Mantovani. “Si tratta di una patologia cronica, che colpisce ogni anno in Italia oltre 40.000 persone”
Complicanze post intervento alla prostata
Quando affronti un intervento per tumore alla prostata, il tuo corpo attraversa un periodo di adattamento. “Nei primi 30-60 giorni, un gonfiore transitorio ai genitali e nella zona pelvica che in genere si risolve in un mese o poco più, è un naturale effetto post chirurgia, sia che venga eseguita per via robotica che tradizionale” spiega la dottoressa Mantovani. “Se durante l’intervento vengono rimossi i linfonodi inguinali o pelvici (decisione che spetta al chirurgo in base alla diagnosi), le conseguenze potrebbero essere diverse, quindi è importante prestare molta attenzione a ogni segnale”.
In pratica, devi sempre monitorare il quadro più ampio. Tra le possibile complicanze post operatorie potresti riscontrare questi disturbi:
- Disfunzioni genito-urinarie, come incontinenza.
- Problemi legati alla sfera sessuale.
- Alterazioni della sensibilità, che possono manifestarsi come ridotta sensibilità o ipersensibilità.
- Gonfiori a livello della coscia.
- Tensioni che possono rendere difficoltosa la deambulazione e la ripresa dell’attività fisica.
Cos'è il linfedema pelvico e degli arti inferiori
Il linfedema è una complicanza che può verificarsi quando vengono rimossi i linfonodi pelvici durante l’intervento chirurgico. I linfonodi, che hanno il compito di drenare gli arti inferiori e l’area dei genitali esterni, sono anche la prima sede di coinvolgimento a distanza nel tumore della prostata. Ecco perché la loro asportazione, che avviene nel 15% degli interventi per il tumore alla prostata, può compromettere la funzionalità del sistema linfatico.
“Purtroppo negli uomini il livello di attenzione è un po’ più basso, si trascura l’importanza della comparsa dei sintomi come l’inguine gonfio, che vengono etichettati come un’eventualità normale. Questo è un problema, perché le opportunità di trattamento del linfedema esistono e sono tanto più efficaci quanto più vengono attuate tempestivamente” spiega la dottoressa Sara Mantovani.
Il gonfiore è il sintomo da tenere d’occhio sia nel caso di linfedema dell’arto inferiore sia nel linfedema genitale. L’importante è stare sempre in allerta perché, sebbene in genere il linfedema si manifesti nei primi due anni dopo l’intervento, può comparire anche a distanza di molto tempo.

Dottoressa Sara Mantovani, fisioterapista specializzata nel trattamento di Linfedema e Lipedema
Sintomi: come riconoscere il linfedema agli arti inferiori
Saper riconoscere i primi segnali del linfedema può fare la differenza nella gestione di questa complicanza. Innanzitutto, fai attenzione se il gonfiore post-intervento non si risolve entro i tempi previsti.
“Purtroppo, capita che in reparto dicano che il gonfiore è normale, quindi poi passano i mesi e gli anni senza far niente” spiega Sara Mantovani. “Ma se l’edema persiste oltre i 2 mesi, è buona norma farsi vedere da chi si occupa di linfologia”.
I sintomi del linfedema nella regione pelvica o degli arti inferiori possono essere molto leggeri: potresti notare che una gamba dei pantaloni improvvisamente stringe più dell’altra, o che i boxer lasciano il segno delle cuciture sulla pelle.
“Anche una sensazione di tensione nella parte bassa della gamba o attorno alla caviglia dovrebbe metterti in allerta” avverte l’esperta. “Capita di accorgersi che una scarpa stringe più dell’altra, o che la calza lascia segni evidenti sulla pelle”.
Ricorda che il linfedema si sviluppa in modo graduale e non è accompagnato da dolore o arrossamento – caratteristiche che lo distinguono da altre condizioni più acute come la trombosi. Se noti questi cambiamenti nel tuo corpo, non esitare a rivolgerti a un fisioterapista specializzato, a un Centro che si occupa di linfedema o a un chirurgo vascolare. Intervenire tempestivamente può fare una grande differenza nell’efficacia del trattamento.
Come si cura il linfedema dopo il tumore alla prostata?
Il trattamento principale per il linfedema è il bendaggio. “Il bendaggio multicomponente, personalizzato in base alle caratteristiche dell’edema, è il trattamento decongestionante standard per ridurre il gonfiore il più possibile”, spiega la dottoressa Mantovani. ”Superata la fase acuta, si passa all’utilizzo di indumenti compressivi: calze specifiche per le gambe o slip a compressione per l’area genitale”.
La gestione è quotidiana, ma con il supporto di un fisioterapista esperto si impara anche l’auto-drenaggio, utile soprattutto se stai seduto a lungo, quando lavori o sei in viaggio.
Riassumendo, il percorso di cura del linfedema, valido sia per il linfedema degli arti superiori che per il linfedema di arti inferiori e il linfedema pelvico, comprende generalmente:
- Fase di attacco: bendaggio quotidiano per un numero di sedute che può variare da 5 a 20, a seconda della gravità dell’edema.
- Fase di mantenimento: utilizzo di indumenti a compressione graduata (calze per gli arti inferiori, slip specifici per l’area genitale).
- Monitoraggio continuo: visite di controllo periodiche, solitamente mensili.
Possono essere abbinati anche il linfodrenaggio manuale e la pressoterapia. “Sono trattamenti adiuvanti che a volte possono aggiungere dei benefici, altre volte non sono proprio necessari. E da soli, invece, sono assolutamente inutili” sottolinea l’esperta.
Il linfedema secondario compromette anche la sessualità?
Nei casi più gravi, sì: il linfedema oncologico può anche compromettere la vita sessuale. Quando l’edema allo scroto è importante, infatti, può arrivare anche a inglobare il pene, causando difficoltà nella minzione e generando malessere psicologico.
In questi casi, può essere valutata la possibilità di un intervento chirurgico. “L’intervento per la cura del linfedema non va visto come una soluzione definitiva, ma come una possibilità che può migliorare l’infiammazione locale creando delle vie alternative per lo scarico della linfa” spiega la dottoressa Mantovani.
Consigli pratici per la gestione quotidiana
Convivere con il linfedema agli arti inferiori o con un linfedema pelvico richiede alcune accortezze quotidiane che possono fare la differenza nella qualità della tua vita.
Una delle prime tecniche che imparerai è l’auto-drenaggio, un’abilità preziosa per gestire autonomamente la condizione. “Per un uomo è importante imparare come si fa l’auto drenaggio della zona pelvica, così da poter eseguire il massaggio autonomamente anche più volte al giorno”, spiega Sara Mantovani.
Se trascorri molte ore seduto per lavoro o studio, prova ad alternare la tradizionale sedia con una apposita gym ball. Questi grandi palloni con fondo antiscivolo permettono una seduta attiva che favorisce il movimento del bacino, creando un effetto simile a un automassaggio che stimola la circolazione nella zona.
L’acqua è un’alleata preziosa contro il linfedema, per questo l’attività in piscina è sempre consigliata. L’importante è non sottovalutare mai l’importanza di una corretta igiene personale dopo il nuoto o la doccia: asciuga con cura gli spazi tra le dita dei piedi per evitare macerazioni della pelle e possibili micosi che sono pericolose per chi ha un linfedema agli arti inferiori.
Come ridurre il rischio di linfedema
Prevenire il rischio di linfedema si può? Non esistono regole certe per evitarlo, ma puoi ridurre le probabilità adottando alcune buone pratiche.
“L’importante è cercare di contrastare i fattori scatenanti come le infezioni” sottolinea l’esperta. “Per esempio, il banale taglio delle unghie, in una persona a cui mancano i linfonodi inguinali va fatto con strumenti disinfettati e non utilizzati in precedenza”.
Infatti, le piccole infezioni potrebbero propagarsi più facilmente in assenza dei linfonodi che costituiscono una parte importante del sistema immunitario.
“Proteggere la pelle da tagli, graffi e punture di insetto è fondamentale, così come adottare detergenti delicati per l’igiene personale, evitando prodotti aggressivi che potrebbero irritare la zona già compromessa” aggiunge la fisioterapista.
Questi piccoli accorgimenti quotidiani ti aiuteranno a mantenere sotto controllo il linfedema e a migliorare significativamente il tuo comfort.
Esercizio fisico dopo l'operazione alla prostata
L’attività fisica è davvero preziosa perché favorisce il drenaggio dei liquidi che, appunto, allontana il rischio linfedema.
Ma l’esercizio fisico è comunque fondamentale nel recupero post-operatorio, soprattutto per chi è sottoposto a terapia di soppressione ormonale. “Infatti, un altro grosso problema, che accade anche alle donne quando entrano in menopausa, è la riduzione di massa muscolare e l’osteoporosi“, spiega Mantovani.
La fisioterapia non serve solo a gestire il dolore o l’incontinenza. È fondamentale anche per migliorare la postura, la mobilità e contrastare effetti collaterali della terapia ormonale, come osteoporosi e perdita di massa muscolare.
“L’esercizio fisico mirato, soprattutto con sovraccarichi e impatto, riduce il rischio di fratture negli uomini in terapia soppressiva ormonale” sottolinea la dottoressa Mantovani. “Quando si soffre di incontinenza, il lavoro sul pavimento pelvico diventa ancora più importante”.
La ripresa dell’attività fisica dovrebbe avvenire gradualmente dopo 30 giorni dall’intervento alla prostata, salvo complicanze particolari. Iniziando gradualmente e sempre con il supporto di professionisti, dovresti introdurre nel tuo esercizio fisico di routine:
- il lavoro contro resistenza (pesi) per prevenire la perdita di massa muscolare;
- l’attività ad alto impatto (saltelli, corsa) per ridurre il rischio di fratture;
- esercizi calibrati in base all’età e alle capacità individuali.
Non sei solo in questo percorso
Il linfedema dopo operazione alla prostata è una complicanza che con trattamenti efficaci e una diagnosi tempestiva puoi imparare a gestire.
“Conoscere i segnali, agire tempestivamente e adottare una routine quotidiana è fondamentale per tenere sotto controllo il linfedema e proteggere la qualità di vita di ogni paziente” conclude la dottoressa Mantovani.
Quindi, non sottovalutare i segnali del tuo corpo e, nel dubbio, non esitare a chiedere una consulenza o un aiuto agli specialisti del settore. Il fisioterapista può diventare il tuo punto di riferimento: ti guida nei controlli periodici, aggiorna gli strumenti compressivi e interviene in caso di peggioramenti.
Considera anche l’aspetto psico-emotivo perché l’intervento alla prostata può generare anche ansia e depressione. Parlarne con uno psicologo specializzato è di grande aiuto perché ti dà supporto e consigli per riuscire a governare e riordinare quella complessità di emozioni che ti destabilizzano.
Mara Locatelli
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