'Il tumore al seno triplo negativo mi ha fatto riscoprire la vita': la storia di Katia
Katia Veronese è una donna instancabile che non perde mai coraggio. Si definisce ‘un’amante della vita e una camminatrice’. «Ho ricevuto la diagnosi nel gennaio del 2022» racconta «Passato il primo momento di panico totale, ho cercato informazioni. Ero affamata di sapere. Così ho letto il libro di Elisa e ho iniziato a seguire il sito Koala Strategy. A un certo punto, ho capito che era arrivato il momento giusto di raccontare la mia storia di paziente oncologica e, magari, aiutare gli altri».
La diagnosi di tumore al seno triplo negativo
I 50 anni alle porte, una vita sempre di corsa tra la famiglia e un lavoro come direttrice alle vendite in una multinazionale. Katia ricorda così la sé stessa prima della diagnosi: “Sono sempe stata attenta alla prevenzione perché nel 2001 ho perso mia mamma per un tumore ovarico. Le ho promesso che mi sarei presa cura di me stessa”. Il Covid e la pandemia, però, mettono i bastoni tra le ruote alle routine dei controlli, che si fanno più distanziati.
Quando Katia si sente dire che c’è qualcosa che non va, fatica a capire o forse non vuole farlo. “Credi che queste cose non ti capiteranno mai. Quando mi anno messo la pulce nell’orecchio, non ho avuto il tempo di realizzare veramente perché sono stata catapultata subito in un mondo che non conoscevo. Nella vita di tutti i giorni io sono una donna che ama avere tutto sotto controllo, quindi in quei primi 10 giorni di incertezza ho vissuto nel panico”.
L’ospedale dove si sottopone ai primi esami non le trasmette serenità, così Katia prova a fermarsi e a cercare informazioni dettagliate, per trovare la struttura ospedaliera che possa offrirle le cure migliori. “La diagnosi che mi hanno fatto inizialmente parlava di un tumore al seno triplo negativo, quindi ho scelto di rivolgermi allo Ieo di Milano, che è un centro oncologico di eccellenza specializzato in questa patologia. Mi sono trovata molto bene, anche per la grande attenzione che hanno mostrato nella comunicazione con il paziente. In poche ore sono passata dalla disperazione alla speranza. Ecco, credo che sia importante farsi curare in un centro che ti trasmette fiducia e che ti fa sentire seguita al meglio”.
“L’esistenza assomiglia a un treno, da cui si sale e si scende. Ci sono anche fermate brutte, che mettono paura, ma non mi tiro indietro. Anche questo fa parte della vita”.
Che cos'è un tumore al seno triplo negativo
Quando si parla di ‘triplo negativo’, ci si riferisce a una forma di cancro mammario le cui cellule non presentano tre specifici recettori – quello per gli estrogeni, il progesterone e la proteina HER2 – che di solito guidano le terapie più comuni.
Questo significa che non è possibile utilizzare le terapie ormonali o i farmaci mirati contro HER2, ma la medicina ha sviluppato alternative valide: dalla chemioterapia, che rimane il pilastro del trattamento, all’immunoterapia per alcune pazienti, fino agli innovativi anticorpi farmaco-coniugati che agiscono su caratteristiche specifiche del tumore.
Sebbene tenda a essere più aggressivo e richieda un monitoraggio attento per il rischio di recidive, la ricerca sta facendo passi da gigante. Essere seguiti in centri specializzati – le cosiddette Breast Unit – da un team multidisciplinare è fondamentale, perché ogni giorno emergono nuove possibilità terapeutiche che migliorano concretamente le prospettive e la qualità di vita delle pazienti.
Il tumore al seno triplo negativo riguarda circa il 15-20% delle diagnosi di tumore al seno ed è più frequente nelle donne sotto i 50 anni, manifestandosi con sintomi simili ad altre forme: noduli, cambiamenti nella forma del seno, dolore o secrezioni.
Serve anche una terapia per l'anima
Katia si affida alle cure dei medici e anche allo psicologo. “All’inizio ero carica, ma sapevo che presto o tardi sarei crollata: avere il supporto di uno specialista con cui lasciarmi andare è stato fondamentale”. Altrettanto preziosa è stata l’attenzione al benessere che le pazienti avevano a disposizione e che Katia si concede volentieri. “Tra una cura e l’altra andavo dalle estetiste della struttura, anche solo per una manicure perché vedermi bella e sentirmi donna mi ha aiutata molto”.
Per affrontare meglio le sue giornate in ospedale Katia portava con sé alcuni oggetti cari. “Mi faceva stare bene tenere con me un piccolo beauty case dove avevo riposto una foto ricordo, un braccialetto e anche un boccettino di lavanda, perché il suo profumo mi rilassava durante la chemio”.
Con la radioterapia al seno ci sono altri effetti indesiderati
“Uno dei momenti più difficili, per me, è stato decidere di parlare del cancro ai miei cari. Mio papà, per esempio, ha 82 anni e aveva già vissuto questa esperienza con mia mamma. Non avevo la forza di dargli anche questo dolore e mia sorella mi ha aiutata molto a parlarne con lui”.
Anche con i figli è stato faticoso, ma Katia sapeva che era necessario farlo. “Mia figlia all’epoca aveva 14 anni, non sapevo come affrontare l’argomento. Mi ha aiutata la psicologa a trovare il modo e le parole per dirlo. Lo abbiamo fatto insieme, spiegando i dettagli della malattia e delle terapie. Abbiamo anche giocato sulla questione del look. Abbiamo scelto insieme i foulard e le bandane per nascondere la perdita dei capelli. Ci siamo anche divertite ed è stata un’opportunità per ritrovare il dialogo”.
Con il figlio maschio, invece, allora un ragazzo di 17 anni dalla personalità solida e razionale, decide per un approccio adulto. “Gli abbiamo chiesto aiuto e l’abbiamo lasciato libero, convinti che avrebbe potuto gestire tutto. Invece, poi è crollato. Se dovessi dare un consiglio a chi sta vivendo la stessa esperienza, direi di farsi aiutare perché la gestione della malattia da parte della famiglia può essere davvero difficile. Ed è impossibile stare dietro a tutto”.
Katia parla sempre al plurale perché il cancro è un terremoto che travolge tutti, non solo il malato. Ed è importantissimo trovare gli alleati giusti per viverlo. “Io ho sempre condiviso tutto con mio marito, per scaricarmi. Ma so che non è facile starmi accanto. Una mia cara amica, per esempio, mi ha confessato che non sapeva se avrebbe trovato il coraggio per starmi vicino. In realtà, basta un messaggio per farci capire che non siamo soli”.
Davanti a una diagnosi di cancro aggressivo, come può essere il tumore al seno triplo negativo, è importante appoggiarsi sempre a qualcuno. “Condividere la fatica della malattia è fondamentale, così come reagire. Quando il cancro bussa bisogna agire subito, rivolgersi a professionisti autorevoli e iniziare il proprio percorso in una struttura che dà fiducia”.
Lo sguardo positivo verso il futuro
I momenti bui, purtroppo, sono realtà anche oggi, ma Katia ha trovato i suoi trucchi per affrontarli e li condivide con un grande sorriso. “Quando ero in ospedale per l’intervento e le cure vivevo in una sorta di bolla protetta. Ho conosciuto tante pazienti, parecchi giovani, e degli splendidi volontari che mi hanno fatto sentire un po’ in famiglia. Il peggio viene dopo, quando torni a casa. Io ho imparato ad accogliere i pensieri negativi: li butto fuori, con un urlo, un bel pianto o con la meditazione e poi cerco di ripartire”.
Katia ci mostra la sua trousse. Sopra spicca la scritta ricamata ‘Be happy’: essere felici è un lusso che anche un paziente oncologico può permettersi. Katia cerca la sua serenità ogni giorno. “Prima della diagnosi vivevo a mille all’ora, sempre in viaggio e presa da troppe cose. Ora ho capito che bisogna apprezzare il presente, mi godo il tempo per le mie camminate e per lo sport: preferisco una quotidianità più lenta. Accolgo e apprezzo tutto quello che arriva, senza giudicare”.
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