Dalla diagnosi di sarcoma al girasole simbolo di questa malattia che fiorisce nel suo giardino, quasi per incanto, fino al desiderio di raccontarsi per aiutare chi sta passando la stessa tempesta. Gli ultimi mesi di Serena Franzini, 54enne consulente del lavoro che vive in provincia di Bergamo, assomigliano alla trama di un film drammatico che, poi, regala agli spettatori un bellissimo lieto fine.

Serena è un’amica di Koala Strategy e ci ha scritto una mail per condividere la sua storia proprio durante il mese di luglio, dedicato alla sensibilizzazione dei sarcomi. Così, accendiamo insieme a lei i riflettori su una famiglia di tumori rari, spesso dimenticati.

Il sarcoma è un tumore difficile da diagnosticare

Un nodulo al busto che cresce, ma non desta preoccupazione. Così comincia la storia di Serena. “Il fatto che non fosse al seno mi ha spinto a sottovalutare la cosa. Poi la massa è cresciuta e ho chiesto al medico di famiglia di fare degli accertamenti”. Il mondo le crolla addosso a febbraio del 2022, quando sente per la prima volta la parola sarcoma. Anzi, sarcoma pleomorfo indifferenziato di alto grado, una tipologia molto aggressiva.

“La diagnosi non è stata semplice: si tratta di tumori rari, quindi poco studiati e ho iniziato una ricerca spasmodica verso lo specialista che sapesse curarmi. Anche eseguire la biopsia si è rivelato problematico perché servono medici formati. Per fortuna, sono stata presa in carica da uno dei centri di riferimento, ma ho conosciuto pazienti con esperienze drammatiche che hanno ricevuto la diagnosi in ritardo o sono stati curati da chirurghi non esperti”.

Dopo la diagnosi, Serena si è sottoposta a un ciclo molto pesante di radioterapia e poi è stata la volta dell’intervento che ha rimosso il sarcoma. Anche l’operazione è stata invasiva, ma ora, dopo un anno, Serena si sente meglio e può tirare un sospiro di sollievo tra un controllo e l’altro.

“A chi sta attraversando la mia stessa tempesta dico di riporre fiducia nei medici e nella scienza. Ripeto quello che mi disse l’oncologo, ovvero che il sarcoma è curabile, e mi fa piacere poter essere utile agli altri, rassicurandoli e condividendo il mio percorso"

Il consiglio? Fatevi seguire da centri specializzati

Serena sorride anche quando rivive i momenti più difficili. “I primi tempi sono stati i peggiori: non trovavo nemmeno un chirurgo che eseguisse la biopsia e intanto sentivo il nodulo crescere. Un giorno mi hanno comunicato che non c’era posto per farla con urgenza e sono scoppiata a piangere. L’angoscia era enorme e anche i tempi per il trasferimento al centro di Milano sono stati lunghi, ma se posso dare un consiglio è proprio questo: fatevi seguire da un centro specializzato, anche se avete un buon ospedale vicino a casa e l’alternativa vi sembra faticosa. Ma i centri di riferimento esistono, anche se non sono molti, soprattutto al Sud, ed è fondamentale farsi seguire da loro”.

“Un altro momento brutto? Il periodo post-operatorio mi ha messo alla prova, però ho voluto riprendere la mia routine e dopo un mese ero in montagna a camminare per provare a me stessa che potevo farcela. Quegli istanti hanno avuto anche delle sfumature positive perché, per esempio, dopo l’operazione ho sentito che tutto era alle spalle”.

La ricerca, in questi casi, è ancora più importante. “Pensate che di solito i sarcomi colpiscono soprattutto in età pediatrica. Se ne sa ancora poco, quindi è necessario finanziare gli studi degli scienziati e informare sempre più persone”. Due dimensioni, ricerca e informazione, che Serena ha trovato in Rete Sarcoma, la fondazione dedicata a queste patologie. “All’inizio io stessa non volevo saperne troppo, poi ho sentito l’esigenza di capirne di più e di avere il giusto aiuto e questa associazione si è rivelata molto preziosa. E ora voglio fare qualcosa per gli altri pazienti”.

La fiducia nella medicina e il tempo per se stessi

Oggi Serena si sente fiduciosa e ha voglia di aprirsi agli altri e al futuro. “A chi sta attraversando la mia stessa tempesta dico di riporre fiducia nei medici e nella scienza. Ripeto quello che mi disse l’oncologo, ovvero che il sarcoma è curabile, e mi fa piacere poter essere utile agli altri, rassicurandoli e condividendo il mio percorso”.

“La diagnosi mi ha spinto a seguire un piccolo sogno: dedicarmi di più a me stessa. Il cancro ti fa comprendere i valori importanti. Quindi, ora lavoro mezza giornata e poi faccio quello che mi piace. Per esempio, vicino a casa si trova una meravigliosa oasi del Wwf e adoro trascorrere il tempo immersa nella natura, partecipando alle attività organizzate con i bambini e in supporto del C.R.A.S., il Centro Recupero Animali Selvatici. Certo, le giornate in cui la salute traballa non mancano ma tutto sommato sto bene. Ecco, ho paura dei follow up ma la supero pensando che se ho affrontato queste sfide sarà in grado di farlo ancora, e poi essere sotto controllo mi tranquillizza”.

E se la scienza regala fiducia, a volte bisogna anche credere un po’ nel destino. “In giardino ho diverse piante e fiori ma non ho mai auto i girasoli. L’anno scorso, dopo la diagnosi, hanno iniziato a fiorire, grazie a dei semi caduti per caso da una mangiatoia. Poi ho scoperto che sono i fiori simbolo della consapevolezza sui sarcomi. Quelle meraviglie sbocciate qui davanti sono il simbolo della mia rinascita e della speranza”.