glioblastoma multiforme

Che cos’è il glioblastoma: il tumore al cervello più aggressivo

Il 10 dicembre 2025 è morta Sophie Kinsella, la scrittrice britannica diventata famosa in tutto il mondo con la serie I love shopping. Aveva 55 anni e combatteva contro un glioblastoma, un tumore cerebrale tra i più aggressivi. Anni fa era successo a Nadia Toffa, la giornalista de Le Iene morta a due anni dalla diagnosi di glioblastoma multiforme, e prima di lei un altro noto personaggio della TV, Fabrizio Frizzi.

Secondo i dati dal rapporto ‘I Numeri del cancro 2024‘, in Italia si calcolano circa 1.500 nuovi casi di glioblastoma ogni anno, ovvero il 45% di tutti i tumori al cervello.

La Kinsella aveva raccontato che per lei la diagnosi era arrivata alla fine del 2022 e che, dopo l’intervento chirurgico, aveva fatto radioterapia e chemioterapia. Aveva scelto di rendere pubblica la malattia solo nell’aprile 2024, per proteggere i figli e lasciare alla famiglia il tempo di “adattarsi” alla nuova normalità. E aveva affidato il racconto della sua malattia al cervello, con delicatezza e  la consueta ironia, nel libro Cosa si prova.

I sintomi del glioblastoma: a volte sussurrano

Riconoscere i sintomi del glioblastoma non sempre è immediato. Dipende molto da dove nasce la lesione, ma ci sono segnali che ricorrono spesso: mal di testa nuovo o in peggioramento, crisi epilettiche, nausea e vomito, sonnolenza, disturbi del linguaggio o della vista, debolezza da un lato del corpo, cambiamenti cognitivi o del comportamento.

La storia di Sophie Kinsella, che lei stessa narra nel suo romanzo, parla delle sue difficoltà nel camminare e cambiamenti nel comportamento, e di segnali neurologici che possono essere improvvisi, ma anche così sfumati da ritardare la diagnosi. Certo è che, se compaiono sintomi nuovi, soprattutto crisi epilettiche, deficit di forza, cali cognitivi e cambiamenti di umore, non c’è tempo da perdere, bisogna subito andare dallo specialista.

Perché il glioblastoma è il tumore più aggressivo

Il glioblastoma è un tumore che origina dalle cellule gliali, altamente maligno, con capacità di infiltrare diffusamente il cervello. Quindi, cresce in fretta e si dirama nel tessuto cerebrale sano. Per questa sua caratteristica è così difficile da eradicare ed è per questo che tutti i glioblastomi sono considerati di grado 4, secondo la classificazione OMS 2021 dei tumori del sistema nervoso centrale, ovvero la categoria a prognosi peggiore.

cos'è glioblastoma

Diagnosi: risonanza, biopsia e identikit molecolare

Per la diagnosi del glioblastoma, l’esame cardine è la risonanza magnetica con contrasto: serve a vedere sede, dimensioni e caratteristiche della massa. La diagnosi definitiva, però, arriva dall’analisi del tessuto e oggi include anche marcatori biologici che aiutano a stimare prognosi e permettono di valutare l’uso di farmaci per una strategia mirata che può dare benefici evidente. Parlare di profilo molecolare, quindi, non è un dettaglio da laboratorio, ma è parte importante della strategia di cura.

Terapia standard e innovazioni

Mentre la ricerca passa al vaglio tutte le strade possibili per identificare cure più efficaci del glioblastoma, a oggi la terapia migliore possibile prevede l’asportazione chirurgica il più ampia possibile in sicurezza, poi radioterapia e chemioterapia con temozolomide (il cosiddetto Protocollo Stupp). Gli studi, infatti, hanno mostrato che aggiungere temozolomide, farmaco chemioterapico, alla radioterapia aumenta la sopravvivenza mediana rispetto alla sola radioterapia (14,6 mesi contro 12,1 mesi).

Oggi è anche possibile sottoporsi al Tumor Treating Fields (TTFields), una tecnologia innovativa mirata al trattamento di tumori solidi, in particolare per i tumori cerebrali come il glioblastoma, che colpisce selettivamente le cellule tumorali, risparmiando quelle sane. Si tratta di applicare sul cuoio capelluto dei cerotti con elettrodi che erogano campi elettrici a bassa intensità.

In Italia, la terapia è disponibile in alcuni centri d’eccellenza come l’Ospedale del Mare in Campania, Regione pioniera nell’integrare la TTFields nel percorso assistenziale (PDTA). L’altra buona notizia è che la terapia si può effettuare a casa grazie all’apposito dispositivo, così da evitare il ricovero in ospedale per il trattamento. Lo studio di fase III EF-14 ha rivelato che l’associazione TTFields + temozolomide ha prolungato la sopravvivenza media rispetto alla temozolomide da sola (20 mesi contro 16 mesi).

Le speranze per il futuro sono racchiuse nella ricerca

Purtroppo il glioblastoma è il tumore cerebrale più aggressivo, con un’alta percentuale di recidive e aspettative di vita basse. Con le attuali terapie standard, solo il 5% dei pazienti è vivo a cinque anni dalla diagnosi, e solo il 25% arriva a un anno dalla diagnosi.

Le percentuali cambiano con età, condizioni cliniche e biologia del tumore: ad esempio, i dati dell’American Cancer Society mostrano che la sopravvivenza a 5 anni per il glioblastoma cala con l’età, più alta tra 20 e 44 anni, più bassa oltre i 55 anni.

Gli studi, però, hanno messo in luce che le aspettative di vita con il glioblastoma sono influenzate parecchio dalle caratteristiche genetiche del malato: in presenza del gene MGMT metilato, infatti, il paziente risponde meglio alla cura con temozolomide e ha un’aspettativa di vita più lunga.
Grandi speranze, poi, sono riposte nella capacità delle CAR-T (cellule immunitarie ingegnerizzate già impiegate con successo nella cura di alcuni tumori del sangue) di riconoscere ed eliminare anche le cellule tumorali del glioblastoma. I risultati dei primi trial presentati al congresso ASCO sono molto incoraggianti, ma si tratta ancora di numeri piccoli di studi in fase sperimentale.

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